-Tenente, il Comandante ordina fuoco appena pronti- gridò l’ingegnere in seconda Campbell, dal boccaporto spalancato della torretta.
-Ancora un momento- rispose Nathan.
Puntò il binocolo a nord-nord-ovest, verificando la posizione della nave bersaglio, un vecchio clipper malandato che avevano acquistato a Kingsport e che la Sachem aveva rimorchiato oltre il promontorio di Rockport. Gli artiglieri della Monitor, con un discutibile senso dell’ironia, l’avevano ribattezzata Lucky One. Doveva essere stata una bella nave, una volta, dalla linea aggraziata ed elegante. Al confronto, la Monitor pareva una goffa tartaruga azzannatrice. La Lucky One era ancorata a mezzo miglio di distanza. L’equipaggio della Sachem aveva acceso le lanterne di poppa e di prua per renderla ben riconoscibile, prima di abbandonarla al suo destino. Sembrava tutto pronto, quando, alle spalle della Lucky, nella luce incerta della luna, Nathan avvistò qualcosa. Era una linea di schiuma, ma non poteva trattarsi di una scia.
Nathan guardò meglio.
Era circa mezzo miglio più vicino alla costa. Sembrava un’onda di risacca contro gli scogli. Perplesso, si accovacciò accanto alla lanterna assicurata al portello del boccaporto, estrasse la mappa dalla tasca interna del pastrano e la avvicinò alla luce.
In effetti in quel punto era indicato quello che, a prima vista, aveva pensato si trattasse di una secca, ma ora, con la marea calante, sembrava più una sorta di isolotto. Il cartografo gli aveva attribuito il curioso nome di Devil’s Reef. Probabilmente non si elevava sul livello delle onde più di un braccio, ma Nathan, nel buio, non riuscì a valutarne l’esatta estensione.
Poco male. Secondo la mappa, lo scoglio, o qualunque cosa fosse, era disposto esattamente in direzione nord sud, parallelo alla rotta attuale, un miglio a ovest. La Monitor e la Sachem non correvano alcun rischio di collisione e anche se si trovava entro il raggio d’azione dell’artiglieria, non sembrava poter ospitare altro che qualche incrostazione di conchiglie.
-Tenente!- ripeté Campbell, più forte.
-Arrivo- disse Nathan.
Ripose la mappa e calò la lanterna nel boccaporto, prima di scendere nel ventre della torretta.
Con un diametro di 20 piedi e un’altezza di 9, la torretta era grande a mala pena abbastanza da ospitare i pezzi d’artiglieria, due cannoni Dalhgren da 11 pollici ad anima liscia, montati su binari. Il progetto originale prevedeva bocche da fuoco ancora più massicce, e Nathan era rimasto deluso quando, al momento del varo, non era stato possibile reperire i pezzi da 15 che gli erano stati promessi. Anche così, in realtà, non c’era di che lamentarsi. La potenza di fuoco di cui disponevano era a dir poco impressionante.
L’albero di trasmissione, che congiungeva gli ingranaggi del motore al soffitto, era costituito da due pilastri d’acciaio, collegati a quattro putrelle che scendevano diagonalmente fino al binario su cui pesava l’intera struttura della torretta. Il complicato marchingegno, controllato da una leva di frizione, intralciava i movimenti, costringendo chiunque volesse spostarsi dalla culatta alla bocca dei pezzi a piegarsi in due per non rischiare di prendere una bella testata. Inoltre, ciascun cannone richiedeva 9 serventi, che sommati a Nathan e Campbell, gli ufficiali di tiro, portavano il totale a 20 persone in servizio. In uno spazio così ristretto e disagevole equivalevano a una folla.
Nathan chiuse il boccaporto con uno strattone deciso e trovò giusto lo spazio per scendere dalla scaletta, prima che questa fosse rimossa e fatta scivolare con non poche difficoltà nel boccaporto inferiore, che congiungeva la torretta allo scafo.
-Tutto pronto?-
-Cannoni carichi e pronti al fuoco- rispose Campbell.
Si scambiarono un sorriso complice. Campbell era poco più giovane di Nathan e come tutti nell’equipaggio, era un volontario. Non veniva dalla scuola militare. Prima di arruolarsi, era stato ingegnere navale dei cantieri di New York e aveva contribuito come apprendista al progetto del motore della torretta. Condivideva con Nathan l’insana passione positivista per le macchine e questo era bastato per renderli amici.
Nathan si fece largo tra uomini e strutture e si affacciò dal boccaporto inferiore, ritrovandosi faccia a faccia con il barbuto Comandante Worden, arrampicato sulla scaletta di collegamento, che conservava il suo contegno da severo patriarca nonostante l’insolita prospettiva da sotto in su.
-Signore- disse, accennando il saluto militare.
-È tutto a posto?-
-Direi di sì. Ho avvistato degli scogli, a ovest-
-Scogli?-
-Ricorda quella secca sulla mappa? Il Devil’s Reef? Credo che la bassa marea l’abbia fatta emergere. È a portata dei cannoni-
-Non mi pare un grosso problema, Tenente. Procediamo. Ho dato ordine di fermare le macchine. Attivate il meccanismo di rotazione e fate fuoco non appena avvisterete la nave bersaglio. Dopodiché riportate la torretta alla posizione iniziale, così potremo salire in coperta per la stima dei danni-
Worden snocciolò gli ordini con voce forte e chiara, per sovrastare lo scalciare dei motori, che rimbombava attraverso la paratia della sala macchine.
-Signorsì!-
Nathan chiuse il boccaporto e raggiunse la leva della frizione.
–Alzo 5 gradi. Aprite le feritoie. Pronti al fuoco al mio ordine-
-Alzo 5 gradi!- gridò il marinaio O’Donnell, ruotando il perno a vite con tutte le forze.
-Aprire le feritoie!- risposero dall’altro capo del cannone.
Le saracinesche che proteggevano i pezzi scivolarono di lato, con un secco clangore. Una folata di aria gelida penetrò nella torretta. All’esterno, la luce della luna riverberava sulla corazzatura bagnata del ponte. La timoniera, una piramide tronca rivestita d’acciaio brunito, dritta di prua, era appena un palmo più bassa della linea di tiro ad alzo zero. I serventi afferrarono le corde di posizionamento.
-Oh! Issa! Oh! Issa!- gridò il vecchio Capo Trubley.
Sei robusti marinai fecero scivolare il cannone avanti lungo i binari, a forza di braccia. Nathan verificò il tempo. Gli uomini impiegarono quasi un intero minuto a portare il pezzo in posizione di fuoco, da sommare ai sei abbondanti necessari per caricare la granata, per un totale di ben sette minuti. In condizioni normali, un Dalhgren da 11 avrebbe dovuto sparare un colpo ogni tre minuti. Tuttavia non era colpa dei ragazzi, che sbuffavano e tiravano con tutte le forze. C’era qualcosa che non andava nella loro disposizione, forse. Avevano poco spazio per sviluppare una trazione efficace. Nathan registrò mentalmente l’informazione tra le molte cose da sistemare.
-Pronti!- disse alla fine il signor Trumbley, guardando in cagnesco i suoi sottoposti.
Nathan attese che la lancetta dei secondi tornasse sullo 0.
Serrò il pugno sulla manopola della frizione –Attivo la rotazione-
Nel momento in cui il sistema di blocco fu disinserito, ci fu un leggero scossone. Poi la torretta si mise in movimento: 160 tonnellate di quercia foderata in acciaio, due cannoni e venti uomini, cominciarono una lenta e fluida rotazione attorno al perno centrale, come la giostra di una fiera.
Una adrenalinica scarica di eccitazione attraversò l’equipaggio. Gli uomini si guardavano tra loro, ridendo nel vedere sui volti dei compagni il proprio stesso incredulo entusiasmo. Quel dannato trabiccolo, come lo chiamava confidenzialmente il Capo Trubley, si muoveva davvero. Non era la prima volta che lo sperimentavano, ma ancora sembrava impossibile.
Durante i primi test, ai cantieri di Brooklyn, avevano impiegato poco meno di 23 secondi ad effettuare una rotazione completa. Quel record però non era più stato eguagliato durante i successivi esperimenti in mare aperto. Il rollio della nave sbilanciava leggermente l’azione degli ingranaggi, allungando il tempo fino a 24 secondi netti. Era comunque un risultato eccezionale. Tra le navi che Nathan aveva cominciato a considerare di vecchia concezione, solo le più grandi erano in grado di sparare in ogni direzione, e per farlo necessitavano di equipaggi enormi, che manovrassero bocche da fuoco dei calibri più disparati. I giganteschi cannoni della Monitor riuscivano a fare la stessa cosa, ma senza punti ciechi, e trasportati da una nave di sole 987 tonnellate di stazza, con 50 uomini di equipaggio. Inoltre, con il suo pescaggio ridotto a meno di 11 piedi, non c’erano acque in cui non avrebbe potuto spingersi, offrendo per di più al nemico un profilo basso e sfuggente.
Nathan affidò la leva della frizione a Campbell e si posizionò dietro la culatta del pezzo di destra, sbirciando la nera distesa del mare, in attesa di veder comparire le luci della Lucky One. Dopo 5 secondi esatti, le lanterne di poppa del bersaglio fecero capolino dalla feritoia.
–Bersaglio avvistato! Fermare la rotazione!- gridò, e subito dopo –Fuoco!-
Campbell bloccò l’ingranaggio e, non appena si furono fermati, Trumbley tirò la corda del detonatore. Il Dalghren ruggì una vampata di fuoco che illuminò a giorno l’interno della torretta, il rinculo sparò il pezzo indietro lungo i binari. Il rimbombo del colpo fece vibrare la struttura come il rintocco di una enorme campana. Gli uomini incassarono la testa tra le spalle, coprendosi le orecchie con le mani. Nathan fece lo stesso e gli sembrò di sentire il proprio cranio vibrare, come tutto il resto dello scheletro. Per quanti test facessero, non c’era modo di abituarsi a questo.
Quando riuscì di nuovo a sentire i propri pensieri, Nathan aprì gli occhi, sbattendoli finché le pozzanghere gialle di luce che bruciavano sulle retine non si riassorbirono e riprese a vedere. Una sottile foschia grigia di cordite aleggiava sulla testa degli uomini. Il cannone era rimbalzato contro il finecorsa, scivolando leggermente in avanti. Nathan sgusciò tra i serventi e si affacciò dalla feritoia, il binocolo sugli occhi.
-Maledizione-
La Lucky One faceva beffardo onore al proprio nomignolo, beccheggiando tranquilla e intatta, 5 gradi a dritta della linea di tiro.
Trumbley insinuò nella feritoia il viso rugoso come una vecchia corteccia.
–Mancata, Signor Orne-
-Così sembra-
Un secondo equivaleva a 15 gradi di rotazione. Tra l’ordine e l’effettivo arresto erano quindi trascorsi circa tre decimi, sufficienti a generare un errore di parecchi metri. La granata, sparata con un bel tiro teso, aveva sfiorato il bompresso del clipper, cadendo in mare mezzo miglio più a ovest del bersaglio. Considerato il peso immane della struttura, era prevedibile che il sistema di blocco non sarebbe stato in grado di arrestarsi a punto zero. Ma 5 gradi erano davvero troppi. La lista dei problemi si faceva sempre più lunga.
-Abbiamo colpito qualcosa, però- disse Campbell, che aveva raggiunto la feritoia di sinistra e scrutava l’orizzonte col proprio binocolo.
Nathan distolse l’attenzione dalla Lucky. I proiettili in dotazione alla Monitor erano granate tipo Paixhans, esplosivo incendiarie, perfette per sconquassare le fiancate in legno delle navi comuni. Cadendo in mare, comunque, il colpo avrebbe dovuto sollevare niente più che una colonna di spruzzi. Nathan fu quindi piuttosto stupito nel vedere una vampata di fuoco allargarsi nel cielo notturno. Poi si ricordò della linea di risacca.
-Scogli-
-Non c’erano sulla mappa- ribatté Campbell.
-Sembrava una secca…-
Nella luce del fuoco che si attenuava rapidamente quanto era sorta, gli parve di scorgere del movimento. Ombre che si agitavano attorno al punto d’impatto, abbastanza numerose da essere visibili anche a quella distanza. Il riverbero dell’esplosione scomparve troppo in fretta per permettergli di vedere altro. Nathan guardò Trumbley e Campbell, ma nessuno dei due sembrava aver notato nulla. Forse se l’era immaginato.
-Facciamo un altro tentativo?- chiese Trumbley -Possiamo sparare col pezzo di sinistra-
-Non ancora- Nathan si arrampicò sull’affusto del cannone, afferrò la maniglia del boccaporto e fece scorrere la lastra di copertura –Devo controllare una cosa-
-Non dovremmo riallinearci, prima? Il Comandante vorrà dare un’occhiata- disse Campbell.
-Dopo-
Nathan usò una putrella come gradino improvvisato e uscì sul tetto. La Monitor aveva fermato le macchine, e scivolava pigramente verso nord, beccheggiando tra i flutti. Nathan puntò il binocolo. La luce della luna era a mala pena sufficiente a distinguere le onde che si infrangevano sugli scogli.
-Si può sapere che succede?- chiese Campbell issandosi dall’altro boccaporto.
Nathan non rispose.
Mentre studiava la linea della risacca, gli parve di avvistare degli spruzzi di schiuma. Tanti, a ritmo irregolare, sparsi lungo tutta la scogliera. Sembrava che qualcosa stesse cadendo in acqua.
-Hai visto foche nella baia, in questi giorni?-
-Foche?- disse Campbell –In verità no-
-Già. Neanche io-
Eppure qualcosa di abbastanza massiccio da sollevare schizzi ben visibili stava tuffandosi dal reef.
-Vuoi interrompere l’esercitazione per un branco di foche?- chiese Campbell, saltellando per il freddo –Dobbiamo correggere l’errore di tiro. Bisogna bloccare il movimento prima di vedere il bersaglio, forse-
-La Lucky One non cerca di fuggire. Dubito che le navi nemiche saranno altrettanto cortesi. E in battaglia ci muoveremo anche noi. Sarebbe come far fuoco bendati e sperare di fare centro-
-Una volta avvistato il bersaglio, però, è troppo tardi per colpirlo- insistette Campbell, senza più curarsi di foche immaginarie.
-E la soluzione sarebbe sparare a casaccio?-
Anche Nathan era sul punto di disinteressarsi allo strano fenomeno per concentrarsi su cose più serie, quando ebbe l’impressione di vedere un’onda sul mare calmo, come quella generata da una batteria di nuotatori in gara che sommassero le proprie scie. Erano troppo veloci per delle foche. Nuotavano rapidi come delfini. A tratti sembrava persino che spiccassero balzi, convergendo da ovest sulla Lucky One.
-Li vedi?- Nathan puntò con il dito –Laggiù-
Campbell controllò col binocolo –Cosa dovrei vedere, esattamente?-
Quando le scie la raggiunsero, la Lucky rollò violentemente, la fiancata colpita da qualcosa di grosso e pesante, sotto la linea di galleggiamento. Nathan e Campbell si guardarono, prima di controllare di nuovo. Il clipper si inclinò di un paio di gradi a dritta, come se il carico si fosse sbilanciato, o un considerevole peso si fosse aggiunto da quel lato.
-Ma che diavolo…- mormorò Nathan.
Le sole luci di segnalazione del clipper non erano sufficienti a permettergli di capire cosa stesse succedendo. Gli parve di intuire la presenza di qualcuno, o qualcosa, sul ponte della Lucky, prima che la strana scia a V ricomparisse sul mare, come fosse scivolata sotto la chiglia della nave bersaglio.
Questa volta puntava dritta verso la Monitor.
-Che razza di animali sono?- chiese Campbell, vagamente incuriosito.
-Non lo so. Va’ dentro-
Campbell non se lo fece ripetere. L’interno non era molto più caldo dell’esterno, ma era comunque meglio che starsene in piedi sul tetto. Nathan scrutò il mare. Le scie si avvicinavano sempre più veloci.
Si calò all’interno, puntellandosi sulle putrelle. Riuscì a sbloccare il pannello d’acciaio scorrevole al terzo strattone, chiuse il chiavistello e saltò a terra. Gli uomini rabbrividivano per il freddo, le mani sotto le ascelle, chiacchierando in attesa di ordini.
-Che problema c’è?- chiese il signor Trumbley.
Campbell si strinse nelle spalle –Non ne ho idea-
-Riallineiamoci- disse Nathan –Devo parlare con il Comandante-
Nathan afferrò la leva della frizione e attivò il meccanismo. Diede lo stop dopo 18 secondi. La torretta si arrestò con qualche esitazione. Quando il boccaporto inferiore fu allineato, Nathan lo spalancò e scese sottocoperta, nello stretto ponte tra la sala macchine e il quadrato ufficiali, che l’equipaggio usava come magazzino, dormitorio, mensa e, a giudicare dall’odore, occasionalmente anche come latrina. Worden era lì ad aspettarlo. Sembrava esserci da parecchio.
-Signor Orne! Dalla timoniera non si vede un accidente! Abbiamo colpito il bersaglio o no?-
-No, signore- disse Nathan –Ma temo che questo non sia il nostro problema principale, al momento-
Worden lo guardò, perplesso -Che cosa vorrebbe dire?-
La risposta giunse dal mare.
Un riecheggiante tonfo metallico vibrò abbastanza forte da attraversare lo spesso scafo di quercia, a sinistra. Worden, Nathan e tutti i marinai presenti, si voltarono da quella parte.
-Abbiamo colpito qualcosa- disse il Comandante.
-No, signore. Qualcosa ha colpito noi-
(continua)
Bella scena di armamento di una nave da guerra ma non essendo un “marittimo” non ho capito l’epoca degli avvenimenti.
Urge il continuo del racconto……..
Bravo.
Complimenti, mi è piaciuto molto.
Grazie mille! È solo un estratto, intorno alla metà per altro, cioè a dire che manca l’inizio e poi tutto lo svolgimento della storia vera e propria. È un po’ troppo lungo per pubblicarlo per intero, ma se interessa posso dire dove trovarlo! 😁
Rickyreds a me interessa, rendi noto dove possiamo trovare il resto del racconto.
Lo trovi su Amazon Kindle al prezzo simbolico di 0,99 centesimi. Il titolo completo è “La Battaglia di Devil’s Reef”, l’autore ovviamente sono io, Riccardo Rossi 😁
Mi sa che tu abbia, o hai avuto, qualcosa a che fare con le navi..
Solo passione, in realtà! Se ti va prova a leggere gli altri racconti che ho postato. Mi farebbe piacere una tua opinione!