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Il mio nome è (Herr) Cul Puarò. Sono un famoso investigatore sudamericano, cresciuto da un patrigno nazista tedesco, Hermann Desack, che voleva avere figli per farsi compatire e cercare di evitare il patibolo.Per non trovarmi in un cul de sac chiamandomi Cul Desack, ho preso il cognome della prima famiglia cui ho trovato il colpevole in un omicidio. (Ignacio Puarò era un travestito ucciso in una favelas, e io ho scoperto che lo ha ucciso il suo amante Fabricio Suarez perché aveva osato indossare un perizoma uguale al suo.) Vi parlerò del caso più inconsueto che mi sia capitato in vari anni di investigazione.

IL CASO DELL’UOMO UCCISO IN UNA TRATTORIA DOVE SI MANGIAVA TROPPO

Ero solito cenare in via dell’Olio, nella piccola città messicana di Puerto Sanchez dove speravo di ritirarmi in pensione. Al ristorante La Cucaracha. Un giorno arrivò un cliente esigente, che chiese molte portate. Tutte per sé, perché era venuto da solo. Mangiò con appetito costante, voracemente (per quel che dicono gli inorriditi testimoni del clangore delle sue fauci). Talvolta cresceva questa fame inconsueta e incontrollabile. Ma i camerieri erano intenti a servire, i cuochi a cucinare. Era arrivata dall’Italia la pasta ripiena di Giovanni Rana, in molteplici gusti e varianti: pomodoro secco e toma, olive e crauti con rabarbaro e acetosella, bottarga e fichi, polenta e ‘nduja,cozze e friarielli…E si cercò di spacciare queste delizie improponibili italiane (vere schifezze)per specialità creole. Altro che Rana, rospo! Parevan abbinamenti di Belzebù! Tanto chi mangiava buttava giù, non badava alla geografia gastrica delle portate con cui si satollava. Intenti a sgomitarsi a destra e manca, nessuno si era accorto di come questo cliente mangione era cresciuto a dismisura. Occupava già un tavolo da sei! Sedeva sul tavolo, le sedie essendogli inutili, incapaci di sostenerne le floride chiappone adipose.

– Vi farò causa! Sono così obeso per colpa del vostro cibo da dover trascorrere qui la notte! A meno che non disponete di una gru!-

A malapena avevano schiaccianoci per tutti, che pezzenti. Rimasero di stucco, come davanti a un Barbatrucco.

-Ah, no, signore, qui nessuno può pernottare! Questo è un ristorante, non un albergo! Violerebbe anche il codice del Galateo di Della Casa, non so di quale capitolo, ma non si può proprio.-

Ma ebbe ragione lui, perché fu impossibile spostarlo. Se si fosse mosso da solo, rischiando l’infarto o un colpo apoplettico; ma niente da fare, la sua intenzione di stare fermo come una ingombrante statua di Botero fu irremovibile. Gli fu permesso perciò. (Ma gli fu addebitato il costo di un pappagallo ospedaliero, perché o aveva un pitale, o non ci si fidava dell’ uretrale canale…Se della regola non gli se ne era fatta menzione, non contava quanto il fatto che uno non si regola con la minzione…) Fu tolto dalle casse tutto il denaro perché fidarsi è bene non fidarsi è meglio. Il giorno dopo si tornò con una barella per trasporto super obesi. (Usata finora solo con Fabrizio Bracconeri negli anni ’80 e con Francesco Nozzolino,entrambi caduti a terra durante un loro compleanno dopo aver mangiato una torta Saint Honoré più venti pastarelle, avendo confuso la porzione per festeggiare il loro compleanno con i dolci previsti per tutti gli invitati…così dicono i pettegolezzi a Narni, che hanno ispirato le Cronache di Narnia…)

Il cliente enorme si fece imbracare, ma non passò dalla porta. Fu messo a dieta ferrea. Ci volle tempo perché potesse essere espulso dal locale. Ma non volle lo stesso.

-Salve. Sono John Fatty.- Sembrava un poco John Candy, un poco John Belushi, e a volte aveva anche tratti di Fatty Arbuckle e di Leopoldo Mastelloni. A seconda dell’angolo da cui lo si guardava. Chiamandosi “Fatty” anche il ristorante…era chiaro che lui era il proprietario! Che modo insolito di presentarsi.

-Ecco, io sono venuto qui e ho chiesto molto cibo grasso che non era nel menù. Ottenendolo, ahimé. Ora sono così pingue che un pinguino lardoso di 50 chili al vedermi si convincerebbe di essere una mascotte magra della Juve. O un garrulo pettirosso. Avete fatto bene a rifiutarmi all’inizio tutte quelle calorie, ma non siete stati onesti quando avete ceduto, e solo perché ho messo sul tavolo una lauta mancia!-

-Una “mancia competente”!-, commentò un saccente critico cinematografico, per fare una battuta che nessuno capì. Tranne un sosia di Almodovar, che si sganasciò.

Che fece poi Fatty? Abbracciò tutti, dette loro ferie maggiori e premi aziendali? Tutt’altro. La messinscena non era come quelle della tv, non era a fin di bene. Ma a fin di pene. Nel senso che eran dolori. Ma vabbé, anche che se li inchiappettava, forse. Metaforicamente, per loro fortuna.Che fece? Fece lavorare i suoi dipendenti col minimo della paga. Per un mese. Col guadagno si pagò cure per il cuore (malmesso dopo tutto quell’ingrasso e dimagrimento forzati).

-Chi vuol rimanere con me, alleverà pesce per riempire il mare che anni delle nostre portate han depredato! Che pensavate? Di avere Gesù Cristo marinaio, che per ogni vostra frittura di paranza, faceva una danza e voilà: rimoltiplicava il pesce per la vostra panza, e vi faceva bere anche vino (divino)? O alleverete animali, da lasciare liberi. Per compensare tutta quella mandria macellata, impacchettata, trasportata, cotta e mangiata! O coltiverete piante, da non usare nelle ricette, ma da far crescere rigogliose in serre serrate…-

Un mondo ecologico proponeva, sì, ma a che avrebbe portato? Pochi accettarono le nuove condizioni. Tutti furono licenziati. Tranne la cameriera Ortenzia, che con voce gentile lo aveva accolto con un: – Salve. Ho un tavolo per lei. Che ordina, signore?- E oh, sì, lui …ordinò molto!…Sia come portate, che come cose da dover fare!

Fin qui tanto caos, ma niente di criminale. Se non che avevano trovato un uomo misteriosamente ucciso in bagno. Era stato colpito da molti fendenti, ma tutto il liquido rosso trovato sui coltelli del locale risultò essere passata di pomodoro, ketchup, o tabasco. Niente colpevoli tracce ematiche. Fu interrogando tutti, che seppi quale rischio aveva corso per giocare quel tiro burlone. Ecco il suò menù micidiale:

  • Ciacci montanari
  • Pitta picchiulata
  • Frienno e magnanno
  • Tofeja canavesana
  • Salsicce con salcrauti untuosi
  • Frittata di patate con sfrizzoli e guanciale
  • Ghisau. E per dessert:
  • Bocconotti
  • calcionetti alla chietina
  • chinulille
  • sebadas
  • zabaione.                          Tanto colesterolo che se fosse stato testosterone avrebbe mutato una donna in uomo senza uso di ormoni. Così tanta cotenna e strutto che ebbi i brividi. -Tanto strutto ti poteva veder distrutto,- dissi, non so se tra me o a voce alta. Risolsi il giallo dell’uomo sul water nel tempo di masticare un wafer. – Si mette un buon pizzico di noce moscata nella griva della Langa,- dissi a un cuoco, – ma con tutta quella noce moscata la Coca Cola Company ci farebbe tonnellate di bottiglie…- Arrestarono quel tizio e risultò che anche per lui il movente fu l’uguaglianza del colore di un perizoma indossato. Perché tanta gelosia per un vezzo della moda? Cominciai intimamente a temere per il mio intimo. Festeggiai ordinando un audace menù, e Fatty si prodigò perché i suoi cuochi dessero il meglio. Ecco il mio menù:
  • Minestrone teramano
  • Spaghetti alla Bellini
  • Colzetti alla polceverasca
  • Granfottere
  • Scroccafusi.                            Mi si avvicinò il critico cinematografico e mi chiese se sapessi la ricetta della Coca Cola. – Non ne faccio vanto, ma il mio patrigno torturò in un lager segreto americano un soldato che discendeva dal farmacista Pemberton che creò la prima coca cola.E gli sottrasse un foglio con la formula contemporanea. Quindi a scanso di equivoci la ricetta prevede:acqua, anidride carbonica, sciroppo di glucosio, caramello solfito ammoniacale, estratto di foglie di coca (privato della cocaina),acido fosforico e caffeina.-

– Sì, ma gli altri aromi…me li dica!Io devo sapere!-

Li sapevo eccome, ma ritenni che era costato troppo a quel povero prigioniero, e che questo intellettuale cinefilo non meritava di avere la mia verità così facilmente. Servita su un piatto. Si suicidò poi nel bagno. Lo stesso bagno mortale, che tristezza. Ma il suicidio isterico pertiene agli psichiatri, e non è di mia competenza. Un giorno qualcuno raccoglierà il mio foglietto. C’è scritta la ricetta della Coca-Cola dettagliata. Ossia:

  • Estratto fluido di coca
  • noci di cola 113 grammi
  • acido citrico 85 grammi
  • citrato di caffeina 28 grammi
  • zucchero 30 libbre
  • acqua 2 galloni e mezzo
  • succo di lime 1/4
  • vaniglia 28 grammi
  • caramello (quanto basta) aromi:
  • 1/4 alcol
  • olio di arancia 80 gocce
  • olio di limone 120 gocce
  • olio di coriandolo 20 gocce
  • olio di neroli (ossia distillato di fiori d’arancio amaro) 40 gocce
  • una foglia di coca

In realtà ovvio non si fa alcolica oggi la Coca-Cola. Qualcuno si ubriacherà.(Ma dove avevo letto che gli Americani importano la noce moscata dallo Sri Lanka?)

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FilippoArmaioli

Scrivo su Alidicarta e Owntale.

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8 Comments


  1. Fantasioso .
    Mi ha fatto ridere anche la battuta del saccente critico cinematografico che nessuno ha capito ,tranne il sosia di Almodovar che si sganascio’ dalle risate !