CAPITOLO I
IL VECCHIO & LA MONETA
6 Febbraio
11:21
La viuzza procedeva dritta, incuneandosi tra le vecchie case del centro storico come una vena avvizzita in un corpo ormai stanco.
Stanco come Lorenzo, che vagava senza meta ormai da un’ora buona, perso nei suoi pensieri.
Avrebbe dovuto essere a casa in quel momento, insieme a sua moglie Marisa, ma le litigate erano ormai una routine quotidiana, e oggi non era proprio giornata.
L’uomo si fermò davanti ad un mosaico rovinato dal tempo, che rappresentava un vecchio a terra punzecchiato da vari diavoli con lance di fortuna, e non poté fare a meno di rivedersi in quella scena. Aveva solo 45 anni, ma come quel povero disgraziato sentiva le punte delle lance infilzarlo nella schiena: nello studio di commercialisti in cui lavorava, lui era l’unico che faceva sul serio e doveva farsi carico anche degli straordinari al posto dei suoi colleghi fanfaroni e leccaculo. Questo malcontento si era inevitabilmente trasferito anche nella vita matrimoniale, incrinando i rapporti con la sua amata, già da tempo instabili per l’impossibilità di Lorenzo di avere figli e la sua netta contrarietà alle adozioni.
Un lungo sospiro lo attraversò. Le cose erano pesanti nella sua vita, ma non aveva la forza di contrastarle. Perché poi? Per finire dalla padella alla brace? Se c’era una cosa che aveva imparato in questi anni era che la situazione, per quanto brutta, poteva sempre peggiorare. Questa sua idea non era molto in linea con la sua morale cattolica, ma sebbene credesse con tutto il cuore a Dio, una nebbia di rassegnazione lo aveva avvolto da molto tempo, tarpandogli il respiro.
Non sarebbe stato meglio se tutto fosse semplicemente scomparso?
Come a sottolineare quella domanda, una piccola campanella risuonò cristallina al vento, attirando l’attenzione di Lorenzo verso un piccolo negozietto all’angolo della via. Si avvicinò curioso, realizzando che sembrava più un tugurio che un’attività commerciale, l’insegna talmente usurata dalle intemperie da risultare ormai illeggibile se non per una singola parola: “Oggettistica”.
Senza sapere neanche il perché, Lorenzo entrò, come attirato da una forza sconosciuta. La porta emise un tremendo cigolio, sollevando una marea di polvere, segno che il suo ingresso era il primo da molto tempo. Una serie di vecchi scaffali formavano un breve corridoio che portava dritto al fondo del negozio, verso un bancone muffoso pieno di cianfrusaglie e un registratore di cassa che aveva visto giorni migliori. Si guardò intorno, osservando ogni tipo di oggetto immaginabile stipato negli scaffali piegati dal peso del tempo e coperti da uno spesso strato di polvere e ragnatele. Un piccolo scarafaggio fece capolino da dietro un vaso blu sbeccato, come a volerlo salutare.
Senza neanche rendersene conto si ritrovò davanti al fatiscente bancone, e il suo sguardo fu attirato da un campanello argentato e pulito, quasi in contrasto con il resto dell’immondizia presente in quel posto, e la sua mano si mosse più in fretta del suo stesso pensiero, suonandola.
Un fruscio verso l’ingresso lo fece voltare e stringere gli occhi. Era forse passato qualcosa?
<< Buongiorno mio caro>>.
Lorenzo si girò di scatto con il cuore in gola, trovandosi il proprietario del negozio piegato sul bancone con il viso pochi centimetri dal suo.
Il suo volto, sebbene solcato dai segni dell’età, era di una bellezza surreale, accentuata da lunghi capelli argentei che cadevano come una cascata sulla schiena arcuata.
<< Di cosa hai bisogno?>> disse sorridendo, gli occhi di un azzurro glaciale fissi nei suoi, come se stesse analizzando qualcosa nascosto nei più reconditi anfratti della sua anima.
<< In verità non so perché sono entrato>> si scusò Lorenzo, distogliendo lo sguardo per il disagio e indietreggiando di qualche passo.
<< Non ti preoccupare, quelli che entrano qui sono sempre persi>> disse con fare enigmatico, inarcando uno spesso sopracciglio. << Come ti chiami?>>
<< Mi scusi, non mi sono neanche presentato. Mi chiamo Lorenzo, e lei?>>
<< Di nomi ne ho avuti tanti, e fidati quando ti dico che non sono poi così importanti. Ma visto che mi hai detto il tuo, mi pare quantomeno maleducato non ricambiare il favore. Puoi chiamarmi Azaria>>.
Un nome insolito, quasi quanto la conversazione che stavano portando avanti.
<< Allora cosa ti angustia?>> disse il proprietario, aggirando il bancone con una mossa sinuosa, il logoro pastrano che si muoveva a ritmo delle sue lunghe gambe, e sedendosi su una pila di enormi libri.
<< Chi dice che qualcosa mi angustia?>>
<< Come ti ho già detto, chi entra qui è sempre perso, e per te mio caro basta guardarti in volto>> sentenziò, accavallando le gambe e reggendosi il volto con il dorso della mano. << Se vuoi posso tirare a indovinare. Il lavoro non ti soddisfa, non c’è meritocrazia ma solo finto perbenismo e nonnismo, e anche a casa la situazione non migliora. C’entra forse un figlio?>>
Lorenzo indietreggiò ancora, sconcertato da quelle parole. Come faceva a sapere tutto? Erano così comuni come problemi o quell’uomo gli aveva letto dentro? Pareva impossibile, ma quegli occhi magnetici sembravano poter vedere tutto quello che desideravano.
Un tocco sul polpaccio lo fece sobbalzare, strappandogli un urletto tutt’altro che virile. Guardò in basso con occhi spiritati, solo per vedere un vecchio cane, uno schnauzer nano a prima vista, che lo osservava con sguardo interrogativo.
<< Eccoti qui, vecchio mascalzone! Hai finito la passeggiata?>> disse Azaria, attirando il cane con uno schiocco delle dita. Quest’ultimo zampettò con calma verso di lui, accoccolandosi sui suoi piedi con aria soddisfatta. << Scusa il vecchio Tobia, gli piace spaventare gli ospiti>>.
Lorenzo si lasciò scappare una risata nervosa, non capendo perché era ancora lì.
<< Dicevamo>> riprese, con un sorriso di chi sembrava sapere tutto. << Immagino che tu ti stessi crogiolando in queste vie per evitare di affrontare i tuoi problemi, vero?>>.
Un impeto d’ira attraversò Lorenzo, a dimostrazione che lo sconosciuto aveva colpito nel segno. << Come si permette? Lei non sa niente di me!>>
<< Eppure sei qui. Invece di alzare i tacchi e tornartene a casa, alternativa preferibile, sei inchiodato davanti a me, come se sapessi che potrei avere una soluzione>>
<< Ce l’hai davvero?>>. La rabbia svanì nel nulla, assorbita dalla curiosità e dalla speranza di avere una via d’uscita, per quanto improbabile.
Azaria sbuffò, sollevando la testa e accarezzandosi il marmoreo zigomo destro con il dorso della mano, e per un singolo attimo quel viso così enigmatico e fuori posto fu attraversato da un’emozione discordante: delusione.
Senza staccare gli occhi dai suoi, iniziò a rovistare nella tasca logora del pastrano, facendo risuonare un inquietante tintinnio come se si portasse dietro un cumulo di ferraglia. Con una mossa felina estrasse la mano dalla tasca e gli lanciò ciò che aveva trovato.
Lorenzo, sebbene colto di sorpresa, l’afferrò al volo mostrando i suoi riflessi ancora giovanili.
Quasi terrorizzato da cosa avrebbe potuto scorgere, socchiuse la mano fino a riconoscere…
Una moneta.
Un senso di delusione lo attraversò, come se si fosse aspettato un cristallo magico o chissà cosa. Non che lui credesse in quelle stupidaggini, ma la situazione era talmente surreale da fargli aspettare qualsiasi cosa possibile.
Come attratto dal suo sinistro luccichio, si rigirò la moneta nella mano, studiandola.
Era una moneta argentata come tante, ma ciò che la rendeva speciale erano i simboli: da un lato vi erano due volti stilizzati che formavano l’illusione del Vaso di Rubin, mentre dall’altro vi era inciso un piccolo pesce stilizzato.
<< Che cosa sarebbe?>>
<< Una moneta, non lo vedi?>> ridacchiò Azaria, innervosendo il povero Tobia che se la dormiva della grossa. << Con la quale potrai fuggire>>.
La fase galleggiò nell’aria come una promessa. E una minaccia allo stesso tempo.
<< Che significa?>> sussurrò Lorenzo con tono reverenziale.
<< Tu sai che esistono tanti mondi oltre il nostro?>> lo ignorò il proprietario, alzandosi con delicatezza per evitare di svegliare il cane. << Il Multiverso lo chiamano, ma, come ti ho già detto, i nomi non sono poi così importanti. L’importante è che là fuori ci sono infinite possibilità. E infiniti pericoli ovviamente>>.
<< E questo cosa c’entra con la moneta?>> chiese Lorenzo ormai spazientito.
<< La moneta può permetterti di andare in un’altra realtà>>.
L’uomo rimase di sasso. Che diavolo stava farneticando? Una semplice moneta lo avrebbe catapultato in un nuovo mondo? Sembrava l’incipit di uno di quei manga che andavano tanto di moda ultimamente, gli Isekai, piuttosto che la realtà.
<< Quello che ti serve è un semplice specchio. Tira la moneta nello specchio e vedrai accadere la magia>> continuò Azaria, muovendo le dita come se avesse lanciato un incantesimo.
<< Dall’altra parte dello specchio apparirà un’altra persona, una che come te vuole fuggire, e le vostre anime si scambieranno. Tu andrai nel suo corpo e lui nel suo. Avrai la sua vita e lui la tua>>.
<< E aspetti che creda a tutte queste stronzate? Ti sembro un fesso?>>
<< Non mi frega molto se ci credi o no. Tu mi hai chiesto una soluzione, e io te l’ho data. Niente di più>>
Lorenzo fissò la moneta con timore crescente. Sicuramente era una moneta molto strana, ma aveva davvero quei poteri? Poteva davvero liberarlo dai suoi fardelli?
Immerso nei suoi pensieri, non si accorse che il proprietario si era avvicinato finché non gli afferrò le mani con forza, guardandolo con sguardo spiritato. Provò a divincolarsi ma non riuscì a muoversi di un solo centimetro.
<< Bada bene Lorenzo. Sostituire una persona ha i suoi svantaggi. Non inizierai una nuova vita, ma continuerai la sua, con i suoi problemi e le sue mancanze, e potresti accorgerti che la tua vita non era poi così male!>> Sibilò Azaria, lasciandogli le mani di scatto.
Senza aspettare oltre, Lorenzo si girò di scatto e iniziò a correre, un terrore viscerale che lo attanagliava nel profondo, e sebbene fosse di schiena sentiva ancora lo sguardo di quel pazzo che lo attraversava come una lancia.
<< BADA BENE>> urlò il proprietario accompagnato dagli ululati di Tobia << A volte la soluzione non è altro che affidarsi a Dio. Solo Dio guarisce!>>.
Per ora l’inizio ha molto del “deja vu” anzi del “deja lit”, il negozietto di ammennicoli vari comparso per caso, lo strano proprietario con un magnetismo animale ultraterreno, i problemi della vita che si possono risolvere con un talismano. Certo, il difficile…e il bello…dovrebbero arrivare adesso. Attendo con ansia.
Il negozio strano ricorda “Cose preziose” di Stephen King.