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Il Mirmidone si avvicinò cauto alla tenda di Achille, non si sa mai che reazione potesse avere il suo comandante.
“Achille” disse piano da fuori dalla tenda “Achille” ripetè con voce più bassa.

Sentì dire, con voce stanca quello che gli sembrava un invito ad entrare, entro’
“Mio Achille, Patrocolo è stato ucciso, lo ha ucciso Ettore” disse facendo un passo indietro.
Sentì allora trambusto dall’interno della tenda, cocci che si rompevano ed a voce alta sentì il suo Re che urlava “Oggi non si doveva attaccare, oggi non si doveva attaccare!”.
Il mirmidone prese tutto il coraggio che possedeva e continuò: “Sembra che indossasse la tua armatura e che Ettore scambiandolo per te, mio Signore, abbia combattuto con lui…”

Achille girò il suo sguardo furente agli angoli della tenda ed effettivamente la sua armatura mancava. Lanciò un urlo e corse fuori semi nudo.
Il mirmidone, lesto si fece da parte non osando guardare negli occhi il suo Re. Si limitò da dire: “Ne abbiamo un’altra sulla nave mio Signore”; “Vai a prenderla subito e portamela, corri, corri!!”.

Poco dopo il mirmidone tornò con un’armatura nuova, essa scintillava ai raggi del sole da quanto era lucidata.
Si affacciò alla tenda del suo Re e, senza guardare dentro, pose in terra l’armatura nuova; si girò e corse verso l’accampamento dei suo compagni urlando: “Alle armi! Alle armi”.
A quel grido uscirono tutti dalle tende già pronti per la battaglia. Scudo, lancia e spada fra le mani.
Ma tutti con uno sguardo interrogativo.
Eripide, il mirmidone che aveva portato la triste notizia ad Achille, urlava: “Ettore ha ucciso Patrocolo”, “Ettore ha ucciso Patrocolo”, “Sta arrivando il Re”.

Achille arrivò poco dopo con il suo carro, era scuro in volto con il viso visibilmente contratto, i suoi devoti mirmidoni urlarono in ovazione al loro Re.
Con una mano alzata Achille tacitò i suoi uomini e disse loro che sarebbe andato da solo sotto le mura di Troia, volle con se solo Eripide affinché lo accompagnasse portandogli le sue armi.
Eripice si sentì orgoglioso ma dentro di sé sentiva la paura salirgli dallo stomaco.

I due si avviarono verso verso le mura, Achille davanti con il suo carro ed Eripide dietro, a piedi, che ansimava per la fatica.

Eccole le mura di Troia.

Achille scese dal carro e si fece consegnare le armi dal povero Eripide che era completamente sudato e gli disse.”Vai torna all’accampamento, il tuo compito è finito”; mentre egli tornava sui i suoi passi si girò e vide che dalle mura di Troia non veniva scoccata nessuna freccia, anzi, erano tutti sui baluardi in attesa, evidentemente era una cosa nuova vedere Achille, da solo, dinanzi a loro.

Fu in quel momento che sentì il suo Re gridare: “Ettore!!” “Ettore!! “Vigliacco esci e fammi vedere cosa vali!!” “Io e te solo io te, coniglio!!”

Vi fu una lunga attesa, il suo Re aspettava da solo sotto le mura urlando e urlando epiteti inenarrabili nei confronti di Ettore.

Solo allora, piano, si aprirono le forti porte di Troia e ne uscì Ettore. Egli era un gigante forte, massiccio nel fisico e con un furore negli occhi.
Eripide pregò gli Dei che salvassero il suo Re Achille.

Lo scontro iniziò. Ambedue si scagliarono contro le lance che possedevano ma nessuno rimase ferito ed iniziò lo spettacolare duello alla spada.

Ettore stava sulla difensiva, ben conoscendo la fama del suo avversario, Achille sembrava ballasse, un ballo di morte, si spostava continuamente alla ricerca di un punto vulnerabile del Troiano; fu allora che Ettore tentò un fendente dritto verso il petto dell’avversario ma, questi, roteando lo scudo deviò il micidiale colpo.
Si narra ancora oggi che il clangore delle loro spade si sentisse fino a Creta, tanto erano violenti i colpi.
La sfida si protasse ancora ma nessuno di loro sembrava potesse aver ragione dell’altro; fu allora che con un colpo violento Achille riuscì a colpire la mano con la quale Ettore impugnava la spada ed egli non potè fare altro che lasciarne andare il pomo, quando la sua spada cadde in terra dalle mura di Troia si levò un grido disperato, il loro condottiero era oramai disarmato.
Achille raccolse la spada di Ettore e la scagliò lontano, ormai era solo questione di tempo.

Fu un attimo, un attimo soltanto ed Achille con un balzo trafisse Ettore che ormai, privo di forze, accettò la sconfitta.

La spada di Achille penetrò nelle sue carni ed egli oramai riverso al suolo, emise un suono di aria che abbandonavano i polmoni.
Il Pelide gli fu subito sopra e con le movenze di un gatto mise fine alla vita del rivale piantandogli un violento colpo nel petto; talmente violento che la lama si infilò fino in fondo, andandosi ad infilare nella terra sotto la schiena di Ettore.

Poi Achille, avendo legato al suo carro il corpo esanime di Ettore cominciò un carosello intorno alle mura di Troia per glorificare il suo furore verso quella città. Nessun troiano osò tirare una freccia erano troppo moralmente distrutti nel vedere il corpo di Ettore, il loro comandante, diventare scempio.

Qualche tempo dopo Troia fu conquistata da un tizio di nome Odisseo, con uno stratagemma.
Ma questa è un’altra storia; Euripide invece non riuscì a vedere la caduta di Troia, un’ infezione per una banale ferita lo portò dai suoi amati Dei.

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