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Ogni storia racconta una vita e a volte la vita cerca di concentrarsi in un giro di parole.
E mentre le parole girano disegnano situazioni e sentimenti che nessuno è in grado di creare e così dal nulla le parole iniziano il loro girotondo e una storia si racconta da sola.

In/un/quadrato/in/assenza/di/lato/stava/racchiuso/il/mio/amore/per/te/e/viveva/in/un/mondo/disegnato/da/me.

Ero sbalordita perché la frase si era disegnata da sola scrivendosi tutta di un fiato e mentre la vedevo formarsi ascoltavo salire un respiro che la sospingeva fuori da me.

ma/c’era/uno/spazio/più/grande/che/lo/racchiudeva/in/un/cerchio/e/disegnava/contorni/infiniti/e/l’amore/ voleva/arrivare/fin/lì.

Ancora parole in un andamento flessuoso che parlavano di un amore forte che voleva essere visto e vissuto.

e/poi/in/un/tempo/ristretto/il/gran/salto/senza/conoscere/e/senza/pensare/perché/l’amore/ha/bisogno/di/ poche/parole/tanto/istinto/energia/e/un/grande/momento/di/pura/follia.

Bene ci siamo!
Mi ripetevo da una vita che prima o poi sarei impazzita e avrei abbandonato questo mondo affidandomi alla follia per non dover sentire niente altro e non dover soffrire e tutto si confermava davanti a me.
Le parole giocavano a rimbalzare dalla testa alle dita e dalle dita alla tastiera del pc dove si disegnavano sullo schermo e io le vedevo inseguirsi e rincorrersi per riuscire ad esprimere quello che il cuore voleva dire.
Sembrava non ci fosse tempo e sembrava che tutto si dovesse definire in questo ora perché dopo sarebbe stato troppo tardi.
Ma per cosa e perché ora che me ne stavo tranquillamente sprofondata in una comoda poltrona intenta a ripulire la mia casella di posta intasata dai messaggi pubblicitari?
Ad ogni inizio di anno ci sono cose che aiutano a sopravvivere alle feste trascorse e rimettono in pari la vita con tutto il vissuto dell’anno appena passato e a volte ritrovare l’ordine o la pulizia in un posto come una casella di posta potrà sembrare strano ma in qualche modo è quasi terapeutico.
C’è il vecchio che rimane lì come a voler dire sono ancora qui nonostante tutto e c’è il nuovo che dice fammi spazio ora è il mio momento e ci sono tutta una serie di sensazioni che stanno nel mezzo che non trovano posto se non si decide di dare ascolto ad uno dei due momenti.
Per questo e per tanti altri motivi mi ritrovavo come compressa fra un momento appena passato e un momento che iniziava e si sa che nella vita i momenti di transizione sono forse i migliori.
Aiutano a riflettere e ci fanno vedere aspetti diversi di un prima e di un dopo a cui probabilmente non faremo mai caso se non fossimo esattamente nel centro di ciò che siamo stati e di quello che saremo.
Incoraggiano ad osare e ad immaginare il cambiamento e se proprio arriva la follia ecco che si punta diritti verso il nuovo e tutto assume una nuova veste.
Ma che ci facevano quei pensieri fuori da me sullo schermo del pc e chi glielo aveva detto alle mani di comporre esattamente quelle parole se la bocca non le aveva mai pronunciate e non erano state ne viste ne sentite da me prima di allora?
Bella domanda!
E perché quelle parole venivano fuori così come arrotolate su se stesse senza interruzione e senza possibilità di trovare uno spazio fra loro che consentisse almeno di prendere fiato?
Sembrava un esercizio e non so bene se per le mani per la mente per il cuore o per me stessa come una prova per essere in grado di ricomporre parole così velocemente quasi come trascrivere qualcosa dettato da qualcun altro.
E persa dietro questi ragionamenti mi resi conto che una storia voleva vivere e voleva che io la raccontassi per trovare aria e per riuscire a respirare e tornare ad esistere.

“Tutto intorno c’era un vento leggero che sollevava le foglie e riusciva a scompigliare i sentimenti che proprio come le foglie si muovevano senza un percorso e andavano avanti e indietro e cercavano entrate e uscite senza trovare le indicazioni.
In movimento su piani diversi si affiancavano gli uni agli altri per poi separarsi e ognuno prendeva una direzione all’inizio accennata e via via sempre più decisa fino a fermarsi tutti insieme in un luogo preciso.
Si ritrovavano stranamente fermi davanti alla porta di questo luogo senza riuscire a comprendere come erano arrivati lì ma consapevoli che lì avrebbero trovato casa e avrebbero finalmente potuto esprimersi.
In una mattina tiepida di novembre l’uomo portò a spasso i suoi sentimenti in un’oasi di verde e di cielo azzurro sulle rive di un lago e immerso nei suoi pensieri non si accorse di quello che stava accadendo.
Dei vortici prima accennati e poi sempre più decisi si affiancarono ai suoi passi e un insieme di piccole presenze lo circondarono avvolgendolo in una girandola di luce fasciandolo quasi ad abbracciarlo.
Piccole e colorate farfalle lo affiancavano delicatamente in questo suo procedere e gli facevano compagnia animate dal vento che muoveva allo stesso modo sentimenti e pensieri e che disperdeva i ricordi.
Sorpreso ma non infastidito l’uomo proseguì la sua passeggiata fino ad arrivare ad una piccola spiaggetta in un ansa del lago e fermandosi poco distante da lì dove dei gradini in legno scendevano verso il lago fino al bordo dell’acqua.
Fu lì che si sedette con i suoi pensieri e con i suoi sentimenti e fu lì che la nuvola di farfalle che lo aveva seguito si fermò accanto a lui per dare vita a qualcosa di magico.
Come seguendo un disegno tracciato si disposero sull’erba con una forma ben precisa mentre l’uomo incuriosito osservava il loro movimento e cercava di individuare l’oggetto rappresentato.
Erano tutte più o meno vicine tra di loro allineate a formare il disegno di una nota musicale e in un istante l’uomo senti suonare una canzone.
Era come ritornare in un posto conosciuto e sentire che niente di quello che aveva vissuto era andato perso.
Le parole della canzone lo riportavano indietro e tutto quello che poteva fare era sentire dentro di lui ancora e ancora quella voce che gli parlava e che aveva per lui solo parole profonde e reali e vere.
Aveva un suono che non aveva mai dimenticato e ricercato ovunque ma che faceva fatica ad ascoltare perché si sentiva perso e lo smarrimento era profondo perché lo faceva sentire indifeso.
I sentimenti lo travolgevano e non era in grado di spiegare e di vivere quello che sentiva ma avrebbe voluto certo che avrebbe voluto potersi sentire libero e sicuro di esprimersi ascoltando quella voce.
Poi le farfalle cambiarono forma e mentre continuava ad ascoltare la canzone ecco comparire sotto i suoi occhi grazie alla loro disposizione la forma di uno schermo.
Iniziò a vedere scorrere delle immagini che non avevano davvero mai smesso di esistere dentro di lui ma che avevano soltanto trovato un posto comodo dove si erano cristallizzate nel tempo e lì avevano mantenuto intatto il loro senso.
Tutti i particolari erano lì vividi e luminosi come un tempo e reali tanto reali da non lasciare dubbi e allungando la mano si poteva toccare quelle scene già vissute e ritornare esattamente lì dove tutto era iniziato.
Ancora un altro momento e mentre la canzone continuava a risuonare e le immagini a scorrere davanti ai suoi occhi le farfalle assunsero una strana forma.
C’era un cuore dalle dimensioni molto ridotte che ad ogni respiro si ingrandiva perché in ogni respiro c’erano i sentimenti che lo animavano e mentre lo guardava crescere si rese conto che lo alimentava l’amore.
L’uomo pensava di essere caduto in uno strano incantesimo e si sentiva trattenuto lì da una forza che non sapeva spiegare ma che non lo lasciava andare.
Le farfalle continuavano a disegnare oggetti di vario genere che lo riportavano passo dopo passo indietro a diversi momenti della sua vita e prima di andare via comparve l’immagine di due sentieri separati che in un punto tornavano ad essere uno.
Restò immobile come catturato da quello che vedeva tanto che perfino il respiro faceva fatica ad uscire dalla sua bocca e tutto quello che lo circondava sembrava immobilizzato come se in un solo istante tutto il mondo e perfino la vita si fosse fermata.
Non aveva parole non aveva modo di sfuggire e non riusciva a comprendere come fosse precipitato in questo angolo di realtà dove tutto sembrava irreale.
Perso dentro le sue sensazioni non si accorse che all’improvviso le farfalle si erano disperse e fece per seguirne la scia voltandosi verso una direzione precisa.
E fu in quel momento che si accorse di non essere solo.
Poco più in là vicino ad una panchina scorse un profilo familiare e si rese conto che essere arrivato lì ora aveva un senso e tutto quel percorso in un istante gli apparve per quello che doveva sempre essere stato: il destino.
La figura che era accanto alla panchina e procedeva sul vialetto nella sua direzione si accorse di lui soltanto quando gli fu quasi vicina e incrociò il suo sguardo e in quel momento non ci fu più bisogno di parole.
Tutto ritornava sul cammino di un tempo.
E nel cielo le farfalle disegnarono due sentieri di nuovo su un unico percorso”.

Avevo appena finito di scrivere l’ultima parola quando lo squillo del cellulare mi distolse da quel momento e mi resi conto che in tutto quel lungo momento non avevo mai staccato gli occhi dal monitor del pc e le mie mani avevano raccontato una storia che forse soltanto la tastiera conosceva.
Risposi meccanicamente allungando una mano e la voce che ascoltai mi confermò che quella che stavo vivendo era davvero una esperienza fuori dal comune.
Un uomo senza particolare accento all’altro capo del telefono disse: “ora il destino è davvero compiuto” e l’ultima parola che chiuse quell’istante fu “grazie”.
Rimasi a fissare il cellulare muto e quando mi ripresi da quello che sembrava una magia compresi che ogni storia si racconta sempre per un motivo e il più delle volte il motivo è già scritto.

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