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Il mio ultimo spettacolo come acrobata finì con i miei piedi tesi sulla mandibola della malcapitata collega Sally Bonora, che ci rimise vari denti, n’ebbe un dolore cane e dovette essere espulsa con me perché era richiesta bella presenza, che le tolsi di colpo; a nulla valse perorare la sua causa addossandomi la colpa. Mi portai via dal circo una falsa sirena che avevo portato in prestito alla compagnia. Il pronipote di Barnum era un uomo buono e ragionevole, come l’antenato, ma l’avevo combinata grossa.
-Ci dev’essere una carcassa di topo ai piedi di una tenda. Magari incastrata sotto un lembo del telo, così che non si vede ma si sente. Si respira quest’odore forte e acre…come di una minestra di fagioli marcia! O di brodo fetido in cui una strega abbia aggiunto ortaggi putridi!- disse Piedone, l’Uomo di 3 metri. Credo fosse il suo modo di salutarmi.

Congedatomi, sottrassi una barca al molo, stronzamente fottendomi di chi fosse. Lesto come un canguro impallinato alle terga remai fino a stremare, lanciai un dado per assegnargli un numero portafortuna e fu quattro. Incontrai Edmondo Giramondo, un astuto venditore d’ogni cosa, che mi propinò astutamente un igloo, da pagare a rate. Morì quella sera mangiando funghi raccolti da sé in un risotto letale. Coi familiari tutti stecchiti. Entrai in casa sua di soppiatto e trovai i cadaveri dei poveretti col volto prono sul tavolo come se facessero una pennichella dopo la mangiata…e invece dopo i funghi eran finiti lunghi lunghi intirizziti da esser pronti per le bare. Presi il loro gatto e lo regalai a una mia amica, che faceva l’hostess. Se mangiava brandelli dei padroni con veleno incluso poteva restarci secco. Lei, Lorna, mi disse che aveva questo aereo che partiva, ma si prese Tommaso per non farlo diventar randagio. Le chiesi quando ci fosse un volo per l’Artico perché volevo abitarla la mia capanna di ghiaccio, l’unica casa che avevo a prezzo zero dopo il decesso del mio truffaldino creditore. Per farle dei complimenti (cotto di lei da sempre) salii fino al suo aereo, fottendomene della destinazione. Dovetti pagare il biglietto coi miei ultimi risparmi.

Facemmo scalo su un’isola dove enormi rettili avevano lasciato certe orme grosse così. Mi cascarono maldestramente gli occhiali, e ci misi assai tempo a ritrovarli, cieco come una talpa senz’essi. Misi anche le mani in un nido, ruppi un uovo, e mamma uccello mi unì beccandomi fino a ferirmi. Feci una frittata con tutte le uova e un arrosto con lei, dopo averla colpita nell’ orgogliosa vendetta con un ramo nodoso. Era tutt’ossa, non mi nutrì gran che, e le uova facevano schifo. Puliti gli occhiali dalla sabbia e dal guano avvicinatomi al mare, un granchietto ostinato mi strinse la chela rapace sul dito del piede come una morsa, mentre un pappagallo loquace mi canzonò con un: Ben ti sta…Ben ti sta! Risultò però poi un pasto decente come cena, accompagnato con maracuja, manghi e succo di cocco. Usai il cranio del pennuto per aprire il duro frutto, ma non bastò. Così mi aiutai dopo con una pietra. Comunque ben gli stava. Ben gli stava.

  1. Piansi sotto una grande quercia, perché sentivo di essere un gran sfigato. Quindi incontrai un robot gentile che mi tirò su il morale invitandomi a guardare il cielo.
    -Vedi il sole che sorride? Sai, lo fa anche per te.-
    Credo che mi convinse. Salii poi su un treno, che portava i turisti da un capo all’altro dell’isola. Mi insultarono in vari idiomi perché non avevo pagato il biglietto, finché il vulcano Micimalongo non eruttò spaventosamente, come non accadeva da migliaia di anni. Così nessuno badò più a me. Tutti corsero forsennati qua e là, io raggiunsi il valico dove Lorna mi chiamò giusto in tempo per la ripartenza. Rubai una collana preziosa a una cicciona, picchiandola sodo, e rivendetti il gioiello prontamente a uno strozzino, che mi dette poco. Poco con cui però evitai altre grane, procacciato il “grano”. Con in valigia solo un walkman e dei wurstel, tornai a casa. Stetti male per mal d’aereo e vidi la Grande Zebra, un dio africano con un’aureola a forma di nuvola. Cacò presso una grande palma, e mi disse:
    -Ehi, vedi che sei quasi atterrato:sii meno atterrito…-
    E aveva ragione. Profetizzò anche che col cambiamento climatico il mio igloo si sarebbe disciolto. E ci azzeccò. Non so se fu essa a portarmi un po’ di fortuna: vinsi uno xilofono, e uno yacht. Dovetti rivendere entrambi, e col ricavato mi mantenei da vivere, ma non per molto tempo. Ogni cosa che mi successe da allora in poi non fu mai cosa di cui potessi dire d’esser felice o contento. Vissi stupidamente, più o meno come avevo iniziato a farlo. Lorna non si sposò mai per la carriera, e io mi dolsi di non essermi fatto avanti. Ma anche venduti i premi, non ebbi una gran dote. Non vinsi mai più nulla. Ma è ovvio, perché mai più giocai a niente. Chi non rosica non rosica, ma almeno non ne uscii troppo rosicato.
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FilippoArmaioli

Scrivo su Alidicarta e Owntale. Voglio farmi delle ragazze giovani,ma solo se non abitano troppo lontano da Pisa.

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