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18 Dicembre 1899

Spero che questo trasferimento possa giovarmi, la comunità che sta per accogliermi è molto unita e timorata di Dio, contadini comunque per la maggior parte, credo non avrò molti problemi con loro; il mio referente scolastico inoltre mi ha riferito che il motivo del mio trasferimento non sarebbe mai stato rivelato per nessun motivo, credo non convenga a nessuno.

19 Dicembre 1899

Odore di acqua marcia ovunque, questa la prima impressione, le particolari condizioni climatiche di nebbia e neve misto pioggia non aiutano, pantano e freddo, questa è stata l’accoglienza di questo paesino disperso tra le montagne. Contano circa 700 anime, la classe ho saputo sarà formata da una trentina di ragazzi misti, una classe numerosa l’hanno definita. Tutto molto diverso dalla citta ma non potevo chiedere altro o di meglio, sono fortunato che ancora ho un posto di lavoro dopo lo sfortunato accaduto. Il fattore del posto, il  Sig. Carlo ha messo a disposizione una piccola casa, non ha chiesto nulla, sarò l’insegnante di sua figlia questo basta, credo sia motivo di orgoglio per lui ospitarmi. E’ molto freddo qui, la casa è molto fredda, credo non sia abitata da molto, ho fatto andare subito il camino e preparato lo scalda letto per questa notte. Per ora mi sento bene qui, nessuno sa chi sono e mi trattano con molta deferenza; ora che sono finalmente solo e la sera sta scendendo molto velocemente devo ammettere che i miei appetiti sono ancora molto presenti e vivi. “L’aria di montagna ti cambierà” dicevano.

22 Dicembre 1899

Il posto è incantevole, la neve rende tutto molto fiabesco, l’odore dei pini mi piace molto, questo periodo di libertà prima dell’inizio della scuola mi rinfranca molto, la casa dove abito è una piccola costruzione in mattoni rossi e legno, all’interno la cucina con il camino ed al piano superiore una camera da letto con una piccola stanzetta vuota che credo adibirò a piccolo studiolo. Fuori è meraviglio sono circondato da campi in questo momento messi a riposo per la stagione primaverile ed estiva, pini larici ed arbusti. Mi perdo a passeggiare tra questi terreni, tutto va molto bene e sono felice.

23 Dicembre 1899

Non sono stato del tutto sincero con me stesso, non va tutto bene, l’ho vista, l’ho seguita, non riesco a staccarle gli occhi di dosso, è molto bella e i nostri occhi si sono incrociati per un istante ed ho capito subito, è lei che voglio, la devo avere…

25 Dicembre 1899
Ho passato il Natale da solo, non provo tristezza è ormai abitudine per me rimanere solo, da quando ormai cinque anni fa mia madre è morta, il lutto è il mio unico compagno.
Pensavo di aver trovato una persona da poter nuovamente amare, curare, ma me l’hanno portata via, troppo giovane dicevano, sono gli appetiti di un pervertito dicevano, sei malato dicevano; ma io volevo solo amarla, prendermi cura di lei, la cosa era reciproca ne sono sicuro.
Nessuno ha mai ascoltato la mia voce, ma io ho sempre ascoltato quella degli altri, mettendo da parte le mie emozioni.
Tutto inutile, tutto invano.
30 Dicembre 1899
Potrò dire di avere visto due secoli differenti, non sono più malinconico come l’altro giorno, le passeggiate nel bosco di pini mi aiutano molto.
Poi stamattina l’ho vista nuovamente, sono riuscito a scambiare qualche parola con lei, grazie ad una futile scusa, alla fine della funzione.
Ho percepito subito sintonia; vive vicino alla chiesa, cinque minuti di cammino da casa mia, ha padre madre e quattro fratelli.
Non dovrebbe più andare a scuola, quindi non la ritroverò in classe.
Un peccato non poterla vedere ogni giorno, ma anche un sollievo per la mia mente.
18 Gennaio 1900
Le giornate di scuola scorrono velocemente, il livello della classe è mediocre, la cosa però mi lascia indifferente, il mio pensiero è rivolto sempre a lei.
Nella mia solitudine quotidiana lei è sempre presente, molte volte quando la penso non riesco a trattenere la mia mascolinità, quindi la mia anima peccatrice prende il comando mi lascio andare con me stesso completamente, lasciandomi al piacere.
Dopo le funzioni, cerco sempre di scambiare due parole con lei, credo sia molto timida o semplicemente mi evita.
Voglio stare solo con lei, ma lei vuole stare con me? La domanda mi annienta.
20 Febbraio 1900
Ho deciso di dichiararmi, questo desiderio ormai è un malessere inaccettabile, e i miei pensieri si distorcono, non sono sempre gradevoli.
Non potrei mai sopportare il suo rifiuto.
18 Marzo 1900
Che queste pagine restino a testimonianza di quello che di terribile ho fatto, ma è stato l’amore a spingere tutto, ho ancora qualche minuto e questo è quello che è accaduto.
Ero davanti a casa sua vero, e poi la vidi, un sorriso, un lieve cenno della testa in segno di saluto, le guance rosse per il freddo della sera o segno di desiderio? Il mio sicuramente era quello di averla.
Improvvisamente il buio, minuti, forse secondi non lo so, la certezza rimane che nel momento in cui sono rinsavito ero sopra di lei ansimante, la mia mano sinistra le bloccava la bocca non permettendole di respirare bene, con il palmo della mia mano potevo sentire il respiro caldo che le usciva dalla bocca, oltre alle vibrazioni delle urla che stava emettendo e che la mia mano attutiva.
Ero compromesso, il mio io era stato completamente divorato dalla bestia che abita in me, credo di averle strappato le mutandine e la mia virilità era pronta e spingeva dentro di lei, ritmo lento ma deciso, le faceva male e lo so perché ne provavo pure io, ma il desiderio cancellava ogni altra cosa dallo spazio limitato della ragione.
Una forte fitta alla mano mi ha risvegliato dall’estasi in cui mi trovavo, mi stava mordendo divincolandosi per liberare la bocca così da poterla utilizzare come sirena dall’arme,: Non potevo permetterlo, la mia mano destra si mosse in autonomia chiudendosi a pugno verso il suo zigomo sinistro, rompendolo, ne sono sicuro, l’ho percepito.
La mano sinistra che placava le sue urla, si calmò per alcuni istanti, l’ho stordita pensai, e poi come un fiume arrivai al climax del mio piacere, poi l’improvvisa detumescenza. tutto era finito.
Silenzio intorno a me, qualche singhiozzo di pianto misto a gorgoglio si saliva. La guardai, era visibilmente sotto shock e ferita, come poteva il mio amore aver prodotto tanto male? Mi bloccai e le sentii sussurrare quella maledetta frase “lo dirò a tutti”.
Non so quali informazioni in quella frazione di secondo processò il mio cervello, sta di fatto che l’unico pensiero fu “non questa volta”.
Ho sollevato il piede destro e ho scagliato il mio tacco con tutta la forza verso il suo viso già tumefatto, una, due tre volte, non ricordo quante volte la mia scarpa sprofondo, come quando si sprofonda nel terreno pieno di pantano, in quello che una volta era il suo viso.
Quando ho aperto gli occhi e ho guardo verso di lei, il suo volto era irriconoscibile, un buco di terra e sangue, gli schizzi mi sono arrivati al volto, alcuni pezzi di lei erano finiti tra le pieghe del mio cappotto. Sono scoppiato a piangere, dovevo fuggire si ma da cosa, da quello che avevo fatto o da quello che avevo scoperto essere?
Uscii cautamente, subito sentii e vidi la porta di casa sua aprirsi e cercai di allontanarmi il più velocemente possibile dal ricovero degli attrezzi, il luogo del fatto, l’unica cosa però che udii allontanandomi fu la voce della madre che mi riconobbe chiamandomi stupita dal fatto di trovarmi li “Maestro!”
Qualche istante di silenzio, poi un urlo straziante, che difficilmente si può ignorare e del quale sicuramente non ci si può dimenticare.
Prego Dio infine che qualcuno legga le mie parole e possa perdonare quello che ho fatto, io volevo solo amare, io volevo solo am.

Il 18 marzo del 1900, il maestro conobbe la furia provocata dal dolore di nove uomini, il padre di Sonia e i quattro fratelli, lo zio e i suoi due figli e un amico della famiglia.
Fecero irruzione nella casa di mattoni e legno dove si trovava l’uomo, salirono al primo piano, dove lo trovarono che piangeva disperatamente blaterando qualcosa sull’amore.
I nove uomini lo presero con tutta la violenza che riuscirono ad esprimere, portandolo fuori gettandolo a terra riempendolo di calci pugni e bestemmie, mentre il suo corpo si stava trasformando in un misto di poltiglia di carne e sangue; mentre ancora in lui rimaneva una brezza vitale, lo evirarono, gettando il membro in pasto ai maiali.
Un gemito e un rantolo misto a sangue che colava dalla bocca al collo del maestro, questi furono i suoi ultimi istanti di vita.
I nove ansimanti, guardarono il cadavere, gli occhi, due fessure tumefatte sbarrate dal dolore e la paura, legarono le gambe con una corda alla sella di un mulo per trainarlo, e tutti assieme scomparvero nascosti dalla foresta di pini tanto amata dal maestro.
Nessuno negli anni successivi venne a reclamare il corpo, ne mai nessuno del paese chiese di lui, o della sua scomparsa.
A prova di quella notte di follia, una lapide, una foto sbiadita di una giovane ragazza e una scritta “Sempre amata in vita, come nella morte”.

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SauloD
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