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Si partì ognuno coi propri mezzi, destinazione Salt Lake City. Quando dico ognuno coi propri mezzi dico proprio che ognuno faceva il tragitto coi mezzi più disparati. Olive May da Toronto partì addirittura in pullman, cambiando il bus di stazione in stazione. Diego Larriva di Caracas e Paco Carrero di Manaus salirono su un aerostato partendo da Bogotà. Jack Thunder da Boston con una Ferrari Testarossa truccata. Abdul Karim dal Rwanda partì da Benguela in Angola assieme a Boko Ombudu, tanzanese di Kigali con un jet offerto da una compagnia sudafricana. La principessa Maniki di Antanarivo in Madagascar partì con un elicottero offerto dal presidente Obama. Da Ulaanbaatar in Mongolia partirono i fratelli Ling, su un dirigibile cinese a forma di dragone. Da Seoul in Corea partì Kaneda Atori, giapponese. Aveva attraversato il Pacifico con un traghetto. Zorro Panchito da Buenos Aires e Margarito Gomez di Quito, Ecuador, si conobbero a Panama e viaggiarono a bordo di una BMW. Dall’Egitto, partì Samir Akbar, custode dei tesori della Sfinge.
Anche in Europa avevano saputo di questa sfida, e benché molti giovani delle scuole volevano partecipare a un evento simile, non fu permesso se non a un solo gruppo per ogni capitale di
compiere la traversata, perché sarebbe stato un esodo incontenibile. Niki Orlop da Helsinki e Thor Svedom da Trondheim in Norvegia salirono a Dublino sulla Queen Charlotte, una chiatta che adibire a passeggeri era una vera follia. Annegarono infatti col pilota a pochi chilometri dall’isola di
Foroyar. Il regista cinematografico Luc Demonges stava girando un documentario alle Canarie, e
interruppe le riprese, per aggregarsi. Un soldato ucraino, Miki Pelenksy, di Kiev, disertò, si rifugiò a Bucarest e partì da Parigi con l’amico Vino Minovic di Terana. Da Papeete, il cantante polinesiano Liku dette un bacio alla amata fidanzata Ramana, e partì senza di lei facendo una sosta a Honolulu per le provvigioni. Partì con un aereo, e ne prese un secondo alle
Hawaii. Giunto a Los Angeles, partì a San Francisco su una moto Honda. Un gruppo di giocatori di lacrosse, i Big Dolphins di Minneapolis, si trovarono in bob presso il lago Winnipeg, e da lì salirono su dei deltaplani, sostituendo la bandiera canadese con quella statunitense non appena le telecamere di un network di Vancouver cessò di filmarli. Una giocatrice di curling, invece, Nadine Aldrich di Washington D.C. partì col marito Jim Benson da New York. Albert Janus, un ebreo di Atlanta, partì col caravan verso Detroit, e prese un treno per Calgary. Aldo Capone di Enna fece una rissa con Totò Picerno di Palermo, e per risarcirgli dei danni gli cedette una somma, che convinse l’italiano che poteva partire anche lui. Ma era stato malmenato troppo, e doveva curarsi, così prestò la cifra all’amico Jacopo Ammendola, di Firenze. Volò da Roma verso Halifax su un Jumbo insieme a un intero circo, fatto di baiadere discinte, tigri, elefanti, foche e trapezisti, che approfittarono dell’occasione per partire in tour. Sandy Moroni, australiana, viaggiò da Canberra all’insaputa dei genitori, che pensavano che regolarmente la figlia si recasse a scuola. Fu questa la cosa più preoccupante che il Grande Viaggio procurò a chi vi partecipava, una smania che sfociava in una fuga irresistibile, una passione per l’avventura che poteva avere grossi rischi. Chi partiva dal Canada, o dal Sudamerica, non erano pionieri, ma viaggiatori esperti, e sapevano vivere ogni situazione senza dover ricorrere all’aiuto di altri. Ma gli Europei erano spesso ragazzi, e dalle isole del mondo partivano invece ragazze in cerca di adrenalina, spinte magari da un programma televisivo o da un depliant che le informava dell’evento. In Polonia si tenne un congresso, per monitorare le partenze, ma non fu possibile frenare nessuno.

-Cosa significa?,- si chiese Ammendola, -Che vuol dire che dobbiamo attendere a Denver?-

-Significa che non si può ripartire tutti da Salt Lake City. Gli Europei verranno ospitati a Seattle, gli isolani a Memphis e a Kansas City,- rispose Demonges.

-Quanti siamo, Luc?-

-Quanti saremo. Non lo sappiamo ancora. Tanti, troppi, in ogni caso. La sfida all’inizio era un duello tra Thunder e la May. I due si sarebbero dovuti sposare, ma Thunder era un gigolò e non ha resistito a circuire alcune ragazze pon pon.-

-Pon pon?-

-Le cheerleaders, che alzano le balle con le piume e fanno gli inni per incitare le squadre.Le hai presente?-

-Eccome. Sono tipo le pin up?-

-Una specie. Solo che non vanno sulle riviste.Le puoi vedere solo negli stadi o nelle manifestazioni, che si agitano sinuose e ci allettano espansive e allegre.-

-Oh, le ho presenti.-

-Ecco, Jack si è invaghito di una majorette, tale Annette Dubois, una canadese che studiava a Yale.-
– E Olive se ne è accorta?-
-Eccome. Ha interrotto i preparativi per le nozze e ha dato il via al Salt Lake City Road.In palio ci sono i regali che gli amici han già fatto loro dono.-
Un elicottero avanzò e accese due luci rosse.Era la principessa Maniki con la scorta malgascia. Portava occhiali da sole Rayban, e aveva un’espressione triste, che cercava di nascondere con un cipiglio dietro cui voleva mostrarsi
sicura.
-E’ lei Luc Demonges?-
-Sì. –
-Vorrei partecipare al Road.-
-Occorre iscriversi, specificando il mezzo con cui si corre. Ma non sono io l’organizzatore,sono il signor Thunder e la signorina May.-
-Andrò da lei. Dove posso trovarla?-
-A Denver. Ma può inviarle un fax.-
Demonges le diede il numero.
A San José, Paul Jacob incontrò Olive May.
-Ho ricevuto centosei adesioni, e il bando l’ho fatto uscire da una settimana appena. Paul,possiamo accettare tutti?-
-Il territorio è vasto. Certo, non conosciamo i partecipanti, la loro resistenza fisica, le loro
attitudini. Io credevo che foste solo tu e Jack, all’autodromo.-
-Volevo entrare a Daytona, ma Jack ha detto che non voleva affrontarmi davanti alla sua scuderia.-
-Il rally è da sempre la sua vita, Olive.-
-Sì, e io lo avrei seguito in capo al mondo.Ma mi ha tradito. Non è l’uomo per me.-
-Cosa farete? Attraverserete gli Stati fino a New York?-
-No. Ci fermeremo al lago Michigan.-
Jacob finì con un sorso l’aperitivo, e si mise per gioco a ruotare lo stuzzicadenti con la bandierina che infilzava la scorza d’arancia.
Era perplesso. Lui non avrebbe partecipato. Era un giornalista del National Geographic, avrebbe fatto scattare qualche foto e raccolto
qualche articolo. Ma non subito, era meglio che non si pubblicizzasse troppo l’evento.
-Ti ho sempre voluto bene, Nick. Sai che è così, vero?-

Arnold Coppler era un agricoltore texano, e aveva sempre lavorato col fido aiutante Nick Casey. Ma adesso gli lasciava il ranch, per recarsi al raduno. Era galvanizzato, si sentiva
un ragazzino, a settant’anni compiuti. Avrebbe corso sul suo trattore, per prima cosa, e avrebbe acquistato un mezzo a Boston.
-Li ho visti anch’io i cerchi nel grano, i segni, Nick. Ma sai che non credo alle leggende, e non voglio che tu sia più spaventato di quel che già sei. Non preoccuparti, sarà lo scherzo
idiota dei ragazzi del paese.-
-Ma io li ho visti, Arnold! Li ho visti, ma erano al buio…te l’ho detto…-
-Senti, Nick, io parto. E tu non dar retta alle tue visioni. Non pensarci. Non fare più di quel che devi ogni giorno, se ti vengono di queste strane supposizioni.-
-Io li ho visti, e tu non mi credi.-
-Sai che io non credo nemmeno all’ombra che mi porto dietro, Nick. Ora vai. Lasciami partire.-
Casey vide Coppler partire verso nord col trattore che sbuffava, e che pareva una ciminiera. Aveva paura che Arnold, che per lui era sempre stato come un padre, non tornasse più. E aveva paura dei segni nel grano.
-Cosa significa che la signora May ha dato l’ok al Rail Road? Sono già partiti?-
Jacob era in apprensione, perché voleva che le foto dei corridori venissero scattate al via.
Voleva che fossero tante, per selezionare le pose migliori.
-Sono partiti, Paul.-
Erano scattati Thunder, Ombudu, e i fratelli Ling. La May li seguiva subito. E poi di seguito il duo Miki & Vino, e l’italiano. Janus e Coppler si accodarono subito. Arrivò con loro Luc Demonges. Nessuno ebbe tempo di conoscere gli altri, ognuno era già dentro la
gara.

Sfrecciarono quindi:
1) Jack Thunder
2) Boko Umbudu
3) Jing e Dan Ling
4) Olive May
5) Margarito Gomez
6) Kaneda Atori
7) Rasic e Minovic
8)  Ammendola
9) Luc Demonges

10)Liku

Akbar accelerò notevolmente, ma si scontrò con Karim, facendo uscire entrambi fuori pista, e fuori gara. Janus si fermò dopo un chilometro, e Coppler, girando su un testacoda,si fece cozzare da Carrero e Larriva. Rimasero quindi presto in dodici, ma si aggiunsero Jim Willis e Lisa Cartman, Liam “Hutch” Turkey e Bill “Diamond” Husky. Hutch fu fermato dalla polizia federale per eccesso di velocità, e multato anche per aver fatto una scorreggia dall’odore di crauti ed arachidi (più che tostate) e Willis uscì presto di gara. Dopo la bravata di Turkey, i federali preferirono monitorare la corsa, e fermarono anche Ammendola e Panchito. Atori superò la May, ma i fratelli Ling gli tirarono una boccia di petrolio davanti alle ruote facendo ruzzolare la sua auto. Era un’azione pericolosa, sleale e illegale,ma i fratelli Ling non erano nuovi a imprese simili.Olive e Umbudu finirono il carburante, perché in riserva non avevano chiamato uno dei furgoni coi barili di rifornimento.

Quando Thunder arrivò al Michigan, si sentì un essere superiore. Guardò il cielo, e gridò entusiasta.
Non era questione di battere Olive, lui aveva fatto i suoi errori, e le sue scelte. Aveva percorso dei chilometri con una sola sosta per il rifornimento, era alla seconda riserva, ma aveva vinto. Chiamò il furgone per poter ripartire, ma non rispose nessuno. Si preoccupò, perché davvero non avrebbe fatto più di cento o duecento metri se avesse virato. Sopra il lago, vide un enorme disco. Era un Ufo. Un disco volante di un’ampiezza di circa cinquanta metri di diametro. Si posò a circa venti metri di distanza da dove si era fermato, e fece uscire un essere dallo sportello che si aprì. Era un
pilota alieno. Jack si spaventò notevolmente, e decise di sprecare l’ultima benzina per tornare
indietro. Si fermò come previsto a una distanza tale che, voltandosi, il disco non gli era poi così lontano come avrebbe voluto, per non averne più paura. Il furgone arrivò, ma quando Thunder si volse, del disco non c’era più traccia. Era ripartito. Quando Jack tornò a Salt Lake City non disse
nulla a nessuno, ma non si capì come mai non festeggiava la vittoria. Olive non volle chiedergli niente. Jack Thunder si mise a piangere, tutti lo videro, ma non sapevano che pensare e come dare
sollievo a Jack col dovuto tatto senza sapere che avesse che non andasse. L’alieno, non era riuscito
a vederlo bene. E che spavento!

Ma se pensate che questo sia tutto, sappiate che all’inizio eravamo in gara anche io, Filippo Pollo, da Pisa, il russo Vladimir Merdovic e la bambina californiana Stella Carlson che graziosamente mi confidò che amava molto i giocattoli. Mi ricordai che la sua famiglia era andata in bancarotta e quando seppi che non aveva avuto un’infanzia molto allegra,sballottata su e giù per il Texas in roulotte,per seguire il padre cercatore di pepite, che trovò solo sassi e DVD porno abbandonati, allora mi fermai a un discount dove vendevano pupazzi,Lego e Playmobil. Quando vide spuntare una Barbie dalla mia sporta, le venne un lacrimone perché capì che era roba tutta per lei! Il russo Merdovic si era costruito una automobile fatta di merda secca. Aveva preso Boris Eltsin e la signora Putina e li aveva messi dentro una macchina che triturandoli aveva fatto uscire tanta cacca,puzzolente e fumosa. Con essa, si creò un’auto d’escremento e volò per qualche chilometro. Io ero squalificato, e anche Stella, che però era felice con i suoi doni. Trovai Donald Trump,gli raccontai perché ero fermo e mi offrì una cena da McDonalds con molto cibo, troppe calorie e insieme a me accettò che la aspettativa di vita ci diminuisse. Pochi anni dopo sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti, chi lo avrebbe mai detto.

L’auto di merda Eltsin/Putina si schiantò su un cactus 🌵 e Merdovic finendoci sopra di punto dagli aculei! Povero uomo russo. La sua nazione anni dopo sarebbe diventata arretrata per colpa di un dittatore,marito della donna che aveva fornito la cacca per costruire l’auto. Distrusse la vita di molte persone, ma i russi non sono persone ammodo come noi italiani. E anche tra noi italiani, a dire il vero, si annidano una marea di stronzi. Ma questa è un’altra storia.

Sono davanti a quel cactus, e ci sto pisciando sopra, ben attento di non accostarmici troppo. Dietro di me,le luci dell’Ufo si accendono e si spengono, intermittenti. Il disco volante sta per ripartire…

 

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FilippoArmaioli

Scrivo su Alidicarta e Owntale. Voglio farmi delle ragazze giovani,ma solo se non abitano troppo lontano da Pisa.

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