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Un giorno Paolo De Paolis si accorse che questo mondo non era più tanto ammodo. Sempre che prima lo fosse stato, s’intende. Ma effetti imprevedibili si andarono a frapporre alla realtà della nostra normalità, e le cose cambiarono, e presto precipitarono. Si alzò come ogni giorno, ma non fu un giorno come gli altri! Per prima cosa, nei primi giorni, ciò che successe fu che molto accadeva al contrario. Erano i cani che portavano i padroni al guinzaglio! (E sempre loro poi, mastini e bracchi o di che razza fossero, li portavano poi all’ospedale per l’ovvia intossicazione da scatolette di cibo per cani…) L’acqua della pioggia piovuta gocciolava dal basso verso il cielo! (E quando di notte i fari delle auto riverberavano questo stillicidio sottosopra, pareva di essere in un film di Matrix…) Gli escrementi uscivano come zombi marroni dai water e cercavano di entrare pericolosamente e schifosamente nei culi. Altro che la notte dei morti viventi: era la sorte degli stronzi ambulanti… Qualcun altro sarebbe impazzito nel vedere il mondo andare a rotoli in questa maniera inquietante e sordida. Ma il De Paolis era l’uomo più raziocinante, e fu solo turbato da tutto ciò (non confessò mai a nessuno però di aver subito un principio di collasso quando seppe che il Nobel per la Letteratura era andato a un’ameba, e quello per la pace a un russo). Certo non gradì che la stampa fosse poco pronta, e che non citasse questi casi bizzarri; questa censura lo faceva sentire come uno spettatore mentecatto, cui nessuno avrebbe mai creduto. Scrisse quindi degli appunti, anche se non c’è lettore che non li trovi sconnessi. (Su essi si basa questo racconto).

Il giorno dopo Paolo aprì la porta ed era tutto come prima. Ma durò poco. Anzi, le cose peggiorarono di lì a poco. In cielo asini volavano, e pure maiali. (C’è chi giura di aver visto una vacca). Delle hostess handicappate stavano pure scioperando, con certi slogan rivoluzionari così sboccati da fa’rizzà le gonnelle dei preti! Che guizzo aveva vivacemente preso piede in questo nuovo fottuto habitat urbano: ognuno che faceva il cazzo che gli pareva senza bada’ all’orologio (fregandosi del ticchettà delle ore). Ma poi! Mariti che facevan conoscere altri uomini alle mogli, applaudendo cornuti quando eran certi fossero poi effettivamente i loro amanti! Tanto di cappella, non c’è che dire, altro che tanto di cappello! (Ma che avete capito? Vicino alla chiesa di Don Gino Mercanti, c’era la boutique con gli sconti -50 e -70 per 100: una borsa di Prada ti costava meno di un divorzio, così c’era sempre una fila di mariti speranzosi. Una fila… Ma se nessuna ti filava, che ti importava?)

Blando fu l’inizio del caos, ma già da subito fu un casino. Sconcertante. Spercie per i raziocinanti, frastornati dagli echi continui del delirio socio-pazzoide. I No Vax, quelli si trovarono bene, scemi erano prima e nel loro agio si trovarono tra simili. Però, non vi dico che Odissea per tutti gli altri. Passavi sotto alle case, e ti tiravano i vasi da fiori! Pieni col contenuto, acqua e pianta, e se eran cactus, cazzi tuoi, c’erano pure le spine. Fu di moda importare il famigerato fiore maleodorante Aro Titano o la Rafflesia da Sumatra, dall’Indonesia o da vivai clandestini partenopei, “fiori cadavere”, che la Regina Elisabetta di sicuro non tiene in nessun giardino, e non terrebbe neppure se se ne temesse l’estinzione. Così con questa rara vegetazione addosso,colpiti dal coccio, oltre che la testa per quel pezzo pure il naso ti si contorceva dal lezzo dell’olezzo. E ovunque era una mania dello scherzo. Dalla bicocca ti tiravano una brocca, dalla villa bella una bacinella, un cretino un catino, e persino il vecchio ti mirava col secchio…

Solo una città era impazzita? E quelle vicine? Questo si chiese Paolo, quando il naso gli fu colpito da un vaso (che purtroppo per lui non era un bacio napoletano…) I veri guai furono quando entrando al supermercato ti facevan passare la voglia di fare la spesa. Quelli che ne avevan combinate di cotte e di crude, ricevevano sottobanco i soldi spesi , restituiti e anche maggiorati, da delle cassiere sciroccate e forse indemoniate, e la brava gente, niente! Così ecco che con queste promozioni concrete, vedevi i folli folleggiare: compravan di tutto, e se era più caro, se ne fottevano, tanto era gratis. Ciò che era in offerta neppure lo toccavano! Sicché con le loro concessioni a volte la spesa si poteva anche fare bene, se non fosse che a vedere questa marmaglia d’intorno che vociferava e si dimenava, era uno strazio per la coscienza. E per i nervi. Smisi di andare a far spesa io stesso quando mi capitò di comprare dei cornflakes, e ci trovai dei pallet, che scambiati per dietetiche chicche di crusca con tanta cellulosa mi fecero non poco male alle budella.

E che dire del Carnevale? Niente coriandoli. Coloravano con coloranti le ostie sottratte alle chiese con barbari trafugamenti e blitz letalmente infartanti i vecchi don, catapultati repentinamente alle paure degli anni ’40; quindi le tiravano in bocca ai detenuti, le cui porte erano aperte anzitempo, e non direi ormai solo occasionalmente, purtroppo. Uscivano, privilegiati, masticavano i coriandoli speziati con morso al volo, e compivano nuove razzie, indisturbati, tutt’altro che redenti. E la polizia? E il sindaco? Anche loro, tutti fuori di zucca.

Erano finiti anche i concerti. Stop musica. Questi squinternati raccoglievano la merda nei cessi e il letame nelle stalle, e vagavano con questa odorosa zavorra, farcite al colmo delle carriole o dei passeggini per neonati (refurtiva,ovvio) e con un pieno di tutta questa schifezza riempivano l’incavo di sassofoni, tube, trombe e corni! Sicché ogni musicista assennato diede forfait. Per non mangiare merda. Tranne un indiano solitario, che ha molto successo tuttora col suo sitar. Addio musica. D’altronde, chissà con cosa avrebbero riempito le cornamuse e le maracas…

Anche chi era sano cominciava a dar segni di squilibrio. Non fosse altro che per la forzata convivenza urbana con questi soggetti. Se n’era viste di cotte e di crude! E mica solo nei ristoranti…

-Mi sa che hanno aperto una botte di vino novello, fatto con le uve cresciute a fianco alla cannabis!-

-E non hanno mai chiuso lo zipolo.-

Convinsi il pigro e ottuso Mario Pollo a accompagnarmi in un viaggio leggendario, tipo quello di Frodo per gettare l’Unico Anello nel fuoco del monte. M’ero studiato bene la geografia e avevo individuato un luogo in altura dove vivevan dei centenari.

– Là, ci dev’esser ancora della civiltà, Mario.-

-E che si va a fare?-

-Vediamo di riempire una damigiana con dell’intelligenza! Se ce n’è, e la si trova. Poi si riscende e la si distribuisce in tubetti e in flaconi.-

-E come si trova?-

-Non so. Ci sarà un vaso come quello di Pandora, col bene invece del male. Un’anfora, una giara…-

-Io vengo, purché non ci sia da scavare.-

-No, devi solo procurarmi del cartone per bottiglie, o anche scatole. E i recipienti.-

Andammo fin su quel monte. E nessuno in effetti combinava le cose pazze dei nostri maleducati. Ci raggiunse anche il De Paolis. Solo che ci trovammo così bene, che ci restammo. Addio missione. Si stette tanto che finimmo con l’aver anche noi l’età e l’aspetto degli anziani incanutiti che ci avevano accolti. Il tempo passa per tutti. Saremmo anche tornati.Ma il fatto è che di questa mitica Intelligenza, neanche l’ombra.

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FilippoArmaioli

Scrivo su Alidicarta e Owntale.

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6 Comments

    1. FilippoArmaioli
      FilippoArmaioli

      Sono contento che qualcuno abbia visto qui un significato.
      In realtà lo spirito è veramente quello di Limerick e nonsense.
      E’proprio il ribaltamento fisico della realtà. Quello del mondo, lo avete visto più coi lettori. E va bene. Alla fine, quando c’è la scena finale in montagna, sì, la volevo inserire un messaggio; ma alla fine ho preferito una certa vaghezza.