PANE AMORE E FANTASMI
Sceneggiata . Sabato Sera
La lengua oggi si attorciglia come un verme attuorno a uno lenza di pesca , scenne, saglie se mette a ridere . Mi ricredo questo non un verme è un ragno fellone che vuol fare lo maccherone . Se messo pure lo cuppulone tale e quale al commendatore tromboni che in questa commedia non ha nulla da dire in merito ma essendo guardiano del portone ed una brava persona apre il sipario per questa breve ilare commedia. Là dove il sole nasce, dove siamo rimasti soli a piangere noi stessi . Rimanere sotto la pioggia con le lacrime appese agli occhi lucidi . Increduli per dove siamo cresciuti, tra quei quartieri grigi , dove un cane abbaia e balla , dove un canto sale lento fino al cielo .
In tutto ciò mi ritrovo solo con il mio cuore.
Con il mio signore e l’immagine di una vita diversa, che vedo trasparire per rime tra le righe di un pentagramma ,rido , suonando il mio malinconico blues.
Questa storia è incominciato per caso, quando conobbi per la prima volta John.
Lui era alto come un cane bassotto , grasso come una palla di bigliardo , furbo come una lepre dall’orecchie a sventola . John che piange dentro l’autobus mentre lo riporta a casa, John che sogna un nuovo amore, una vita diversa fatta di tanti versi e merletti , metri, altre cretinate . Sogna di essere più grande suo padre. E gli angeli del cielo sfrecciano nell’aria, trasportano in volo l’autobus delle sette con tutti gli operai che si recano a lavoro , con la signora clementina che non porta mai le mutandine e se la ride quando la saluti. John era un bravo guaglione , sapeva suonare la chitarra e fare degli assoli prodigiosi. Sapeva suonare e cantare , ma non sapeva cuocere un uovo fritto con la pancetta. Ed una volta per poco non incendiava il piccolo appartamento dove viveva mentre preparava pollo e patatine fritte . Quella volta prese fuoco la cucina , corsero i pompieri e la guardia municipale, corse il nonno con la sua sedia a rotelle e la madre disperata si mise le mani nei capelli , chiamò il padre di John che lavorava in Belgio. Il padre nelle miniere di carbone era un capo bastone dopo lavoro frequentava una rossa russa, dalle gambe lunghe e sinuose, dalla bocca color ciliegio. Ma a John non importava cosa facesse il padre per vivere, ne quanti amanti avesse a lui non andava giù l’ essere riconosciuto in video come quella volta causa l’incendio andò a finire su tutti giornali nazionali e anche la rai trasmise la notizia dell’accaduto con la sua faccia sconvolta.
John piccolo uomo , amico di una cagna in calore. La vizia gli compra crocchette e palloncini colorati , la porta spasso nel parco pubblico. E la cagnetta abbaia e piscia sotto l’ albero della vita. Sotto l’albero del bene e del male , poi scendono dalle nuvole gli angeli , fanno giro, girotondo intorno alla cagnetta e al suo padrone ed una nuova aurora traspare nel cielo. Il cielo si tinge di calori soavi, delicati come lo scorrere del tempo che passa e vince sul male. John faccia di schiaffi , sempre depresso , perfino dentro al cesso. Sempre alle prese con tutte le sue domande esistenziali , con il suo pene perennemente diritto , pendente come la torre di Pisa , alto come la torre di babele.
Sono qui che cerco un po’ d’amore
Dopo amato potremo volare insieme
Pensa per poco non bruciavo l’intero appartamento
Non si e salvato niente , solo questo pupazzo
Il mio cuore batte nell’ora cupa della notte
Non prendere ansiolitici, non bere troppo vino ti ubriacherai di nuovo
Non voglio finire come mio nonno impalato all’obitorio
Non dirmi che sei stato di nuovo al camposanto
Ero felice di essere tra coloro che riposano in silenzio
Non posso biasimarti
Apri questa porta, non chiamarmi mostro
Non voglio ferirti , sono qui con te, sono il tuo angelo custode
Io non credo che possa digerire tale mostruosità
Siamo condannati a volare bassi
Si ma in due si vola meglio
Già le ali sono due
Io e te all’inferno o forse in purgatorio
Ma dai saremo spinti dal vento infernale , verso il paradiso dei cuochi
Mi prendi per la gola con questo pasticcio di oca
Sai lo comprato in centro da jack la Motta
Non ci posso credere, chi sa che bontà.
Ricoperto di pasta sfoglia, con tanta carne macinata dentro
Una delizia, una bontà che t’avvolge, ti rapisce l’animo in una sensazione d’infinito piacere culinario.
Non voglio morire proprio adesso .
Ho voglio di passeggiare con la mia malinconia verso un nuovo giorno.
L’inferno ci aspetta .
Il paradiso è lontano lassù sulla montagna delle beatitudini.
Vorrei spiccare il volo nel nulla.
Cantare a squarciagola , mangiare poi addormentarmi felice su una panchina all’aperto
Non dire altro qui siamo in tanti che aspettiamo. Angeli e demoni in attesa tu salga in cielo
Avete d’aspettare io mi faccio un bel pisolino
Sogna ragazzo, sogna le gambe della donna dal seno prosperoso sogna il suo sedere, la sua bocca color mirtillo.
Non voglio avere altri incubi , sono ad un passo dall’essere santo
Tu santo.
Perso nel canto che a sera viene , risuona per quartieri decrepiti, in vecchie case fatiscenti .
Nel vento vado e nel sogno trasmigro , sono quello che sono.
Sono me stesso a dispetto del male.
Le sirene squillano nell’aria ed il canto del capro copre il pianto della donna . Un urlo disumano s’ode in tutta la città mentre la signora cambia il pannolino al muto pargolo , mentre il suonatore ambulante appende la sua chitarra al muro.
Tutto scorre. John è stato preso in giro dalla sua stessa vita . E stato assalito, preso a calci , sputato in faccia , mentre correva contro il suo destino. John che ha tanto amato e mai stato ricambiato. Ora è solo in pizzeria, forchetta e coltello in pugno, mangia la sua pizza arcobaleno, mentre una musica sinfonica scorre nelle vene del cuoco. Mentre la donna si spoglia nella camera da letto , mostrando la sua nera vulva infuocata, bocca dell’inferno, sedere tondo, seno minuscolo che fa uscire fuori di senno il giovane che sfoglia le pagine del bel libro dei mostri . Se la ride il mostro dei suoi sogni chiuso in gabbia . Un mostro che ha divorato la sua coscienza ha condotto la madre ed il padre ad un centro di salute mentale. Quella pizza profumata, ove galleggia una barchetta con tanti pirati dove sta un piccolo uomo con la benda sull’occhio destro, pronto a fare la guerra ad un pomodoro maturo, quasi bruciaticcio. Il profumo del basilico , esala un essenza di bellezza , in perla le lacrime della bianca mozzarella . Una piccola madre , gira la frittata nel piatto, mentre John spera di riconquistare la sua innocenza . Spera di rimanere non più solo , con i suoi incubi , con quel mostro color caramello che lo perseguita che gli tira la giacca ed i baffi che a volte l’implora di giocare tre numeri a lotto.
John non avresti mai dovuto capire
Perché non dovevo ?
Questo male è l’aspetto cruciale della tua anima
Oh signore sono all’inferno .
Avrò mangiato troppe pizze ripiene.
No ,sei , dove devi essere. Aldilà del bene e del male,
oltre lo steccato, dentro il giardino dell’ Eden
Giardino , oddio non voglio più coltivare alberi ne erba
Hai tanta strada ancora da fare.
Sei quasi giunto al pio monte delle beatitudini.
Sono quassù , mi dispero nel verso, nel canto del cane che si morde la coda.
Potresti fare di meglio , essere un pittore geniale , un grande poeta un vate dell’età contemporanea .
Non voglio essere un istrione , ne un giocoliere, ne stare in bilico sopra una corda.
Sei destinato a cadere giù , come un angelo ribelle.
Nella mia bellezza vivo , in mezzo a questa pazzia , aspetto qualcosa di buono accada.
John voleva vivere una vita tutta sua ed aveva un caro amico che non era proprio una persona normale, ne tanto meno si poteva dire viva , una specie di fantasma che a volte compariva e trascinava il poveretto per la città tra castelli , case desolate . Lo faceva assistere a commedie buffe a scene raccapriccianti , come quella del marito inchioda ad una croce la povera moglie. Lo trascinava per vicoli decrepiti nell’alito di un vento fetido che odora di fagioli e bugie, di echi di un tempo remoto di quando c’era un re ed una regina. E la sera nel palazzo incantato si danno balli in maschera. Qualcuno che lo ha lungo, ma proprio lungo , conquista le vezzose damigelle con la sua grazia e la beltà d’un amore ribelle. Ed il canto malandrino dal mandolino s’ode memore nei rancori di un povero topolino ballerino che sa fare caprioli e giocare a guardia e ladri con un prode gatto. La vita di John era tutta segnata in quelle frasi lugubre, che egli amava trascrivere segretamente. John dagli occhi celesti , con il suo amico fantasma sempre in giro per la città in giacca e cravatta, che se la ride dei gatti e degli assassini. Poi invita il suo amico a bere un caffè, sotto la galleria Umberto, da Bellavita. Vede passare un angelo che smonta dal suo turno di lavoro con poca voglia di parlare , poiché è stato per l’intero pomeriggio da solo con un povero diavolo la giù all’inferno. Ora un attimo felice, un momento dolce, poter assaggiare gustare quella tazza di caffè caldo che riscalda il cuore, l’animo. Fuori c’è un tempo cupo , un tempo senza alcun domani, che continua a bussare alla sua porta lo conduce ad un punto ignoto , lo conduce dove tutto è incominciato. Ed il suo amico fantasma, porta pesanti catene ai piedi e quando cammina s’odono nell’aldilà come sulla terra.
Vedrai il mondo ridursi ad una stecca
Che ridere non riesco a pisciare
Tienilo ritto, poi lasciala andare
Che bello sale ed esce che è una meraviglia
Come sei dolce mi sembri un gianduiotto
Tu una fragola sopra una torta
Come è buono lei
Domani sono a teatro, recito la mia commedia
Vengo a vederti
Come vuoi , io sono l’altra faccia di questa farsa
Sai che festa
Mi piace sapere d’essere ancora vivo
Ma quanti anni hai ?
Anni , secoli non sò
Non sai quanto amore posseggo, ne i baci , ne carezze
Conosco l’odore dei fossi , conosce le tombe vuote.
Che spasso avremmo dovuto conquistare il mondo invece cadiamo insieme nella tomba
Beh non ridere, stai attento non farla cuocere troppo questa bistecca
Credi che io non sia in grado di fare un esame decente
No per carità, ma sai il gioco è crudele non vale la candela
Beh domani sarò a piazza dante
Io a teatro
Il fantasma era uno strano soggetto meno bianco di un lenzuolo lavato di fresco e steso fuori al balcone ad asciugare. Non aveva nome e nessuno sapeva da dove fosse mai uscito fuori. Chi diceva d’essere l’anima migrante di uno marocchino approdato sulle coste itale nel lontano Otta tre, chi diceva di essere un marchese sporcaccione , chi un poveraccio con la bava alla bocca. E un fantasma è fonte di paura, di timore per i poveri fanciulli , sue vittime predilette, mentre le vecchiette l’adorano poiché capace di stimolare in loro sogni sensuali , lasciar riemergere in loro vecchie porcate ,tenute al caldo tra le gambe . Ossessioni che diventano un panino cotto a legno. Una merenda mangiata anni addietro in compagnia della propria anima gemella , dietro il vecchio steccato, dipinto da Carlo con mano veloce. Un panino morbido, lungo, ripieno di ogni leccornia che quando l’addenti , diventa un cammello, diventa la fata turchina. E tutto l’amore che il fantasma sapeva dare , era d’altri tempi andati, era un lungo incubo fatto durante un lungo viaggio a ritroso nel tempo che conduce per sommi capi oltre l’immaginario in un luogo imprecisato della propria memoria. Ed il fantasma formaggino si chiama in vero Gigino e sapeva fare tanti servizietti ai tanti vecchietti e vecchiette . Sapeva tirare su la camicetta e sapeva usare la bacchetta , comandare e cercare di raddrizzare il mondo che va sempre di corsa non si ferma mai neppure se casca l’asino dalla sommità delle scale sante. Che paura vedere un ciuco cadere, che bello sedersi ad ascoltare il mondo , sentire raccontare il vecchio fantasma delle sue scellerate sceneggiate. Il fantasma sapeva recitare a soggetto, in genere con un lenzuolo nuovo , era capace di stupire tutti , proprio tutti che una volta una signorina che faceva la vita a via Chiaia gli la impacchetto dentro un grazioso scatolino e gli la spedì per posta celere accompagnato da un bacio che lo colse assai di sorpresa.
Vieni con me dolce fiorellino
Non posso sono una signorina educata
Che significa la marea sale e porta via il male
Ma io sono già impegnata , non vedi porto la fede al dito
Non voglio credere che sia una cosa seria
Una cosa serissima
Una serenata
No per carità
Un gelato
Nooo
Un manicaretto
Toglie le mani dalla brachetta
Che carina
Sporcaccione
Ci hanno visto che vergogna
Sei proprio un fantasma maleducato
Già mi chiamo formaggino
Non sei Gigino l’idraulico
Chi te la detto
Quelli della muta assicurazione
Per carità dio mi liberi da quei ladroni, bagordi , imbroglioni
Tu tergiversi il caso
No mi piace gustare la istanza con poco sale
Cosa bevi
Io non bevo, io vivo baby
Accidenti sei proprio un romantico
Ottuso chi dice che i fantasmi non esistono
Già . In fondo saremo tutti fantasmi alla fine
Il fantasma è una fantasia, un utopia che nasce nella notte, attraversa le strade fa le boccacce, rincorre un pallone, grida goal , poi si mangia un panino con le cotiche in un bar insieme ad altri fantasmi. E quando giunge la sera ascolta il cuore d’ognuno , accarezza l’animo che abbiamo che racchiude il senso di una vita per poi dolcemente naufragare tra le onde dei ricordi. Un fantasma cosi non s’era mai visto capace di fare strane cose . Capace di parlare inglese e tailandese ed uscire seminudi con un amante dell’alito fetido , perversa fino all’osso . Una dama dagli occhi verdi, uno spettro delizioso che vive nel diroccato castello in alto sul golgota della città. Un castello che non ha più nome, che ha visto crescere tanti uomini , tante domande, ha visto nascere un amore ed un canto elevarsi nella notte, un sogno che ha l’aspetto di un drago dalla lingua di fuoco . Tutto quello che desidera il nostro fantasma e vivere in pace, andare a volte a far l’amore dalla sua dama dagli occhi verdi che giace in una fossa profonda, mille piedi , una fossa che arriva dall’altra parte del mondo.
Dimmi dove sei amore in questo momento ?
Sono a prendere un caffè
Sei a piedi
Sono nuda per te
Mio dio che libidine
Sei invitato alla festa
Non voglio friggere tutta la notte e poi raccogliere le tue scarpette rotte
Cretino io non sono cenerentola , sono la dama del castello
Accidenti mi sono sbagliato , chiamo la polizia mortuaria
Siamo rimasti da soli , me lo dai un bacio
Non posso ho la lingua avvelenata
Io il pene a ciclamino
Che delizia, che sfizio
Non chiamarmi coglione
Per carità ci mancherebbe, siamo fidanzati da cento anni
Ti faccio la corte da duecento
Che pazzi che siamo
Già, ero un fantasmino quando ti vidi la prima volta
Io una spiritosa spettrale donna tutta sesso e poca ossa
Quanti ricordi
Quante lacrime
Non dirmi ti prego mi viene da piangere
Non piangere , apri le finestre andiamo via nella notte attraverso i sogni dei fanciulli , attraverso un viaggio che ci conduce più in la di ciò che vorremmo essere.
John oggi lo hanno ritrovato in una pozza di sangue, trafitto da una coltellata al petto . Lo hanno ucciso, malgrado tutto per derubargli il portafoglio contenente quei suoi pochi averi, quei pochi ridicoli ricordi di un amore disperato. John che non avrebbe mai fatto del male neppure ad una mosca che amava cantare e sognare. Ora giace dentro un fosso senza un fiore con una croce sopra. Un segno questo d’un infame destino una linea poi il nulla ed il povero John continua a vivere nei nostri racconti nel nostro canto . Nei racconti della povera gente . John figlio dell’amore e della sorte , che ha reso la nostra vita assai simile ad un dramma ad un delirio sensuale . Assai simile ad una canzone che continua a trascinare le sue colpe tra pesanti catene verso un orribile precipizio . Un fantasma il povero John lo era sempre stato anche prima che nascesse uomo qualunque . Lui era contento di vivere la sua vita di povero derelitto senza dover dar conto a nessuno , senza che qualcuno gli porgesse il braccio o una mano per essere tirato su da quell’inferno ove era finito . Felice di essere quello che era , senza neppure dover pagare il biglietto d’ingresso per il camposanto in quest’insolito sabato sera.