[Fra cento metri, uscita].
«E spegni quel dannato affare, non vedi che sbaglia?».
«Non è possibile che sbagli. È un computer, non può “sbagliare”».
«E allora come mai stiamo girando a vuoto da un’ora?».
«Forse è stato male impostato il punto di partenza, forse non hai aggiornato le mappe».
«Io dovevo aggiornare le mappe? Io? Sei tu il fanatico della tecnologia, tra noi due… e poi, come avevi detto? Ah sì… “voi donne non sapete guardare le cartine, è un fatto assodato, suppongo uno delle poche prerogative che avete lasciato al sesso maschile…”».
[Uscita].
«E spegni quel coso, Davy Crockett dei miei stivali! Vedi un’uscita, da qualche parte?».
«Non vedo niente! non si vede un accidenti di niente, con questa maledetta nebbia!»,
[Invert…]
Il navigatore non finì la frase. Lorenzo allungò la mano e, dopo aver digitato a casaccio un paio di comandi, riuscì a spegnerlo.
Stai per perdere il controllo disse l’altro navigatore, quello nella sua testa, quello che non riusciva a zittire semplicemente premendo un bottone.
“Natale con i tuoi… bah”.
Nel suo caso era Natale con i Suoi, quelli di Lea, il che significava imbucarsi in un assurdo paesucolo nella Bassa e rimpinzarsi fino alle orecchie di cibarie che avrebbe digerito giusto in tempo per il Carnevale.
Lanciò a Lea un’occhiata astiosa, ma sua moglie guardava ostinata fuori dal finestrino benché non vi fosse nulla da vedere, tranne una nebbia fitta e opprimente come se qualcuno avesse chiuso il mondo dentro una scatola di cartone grigio.
Natale con i tuoi.
Negli ultimi due anni era riuscito a sfangarla, ma questo… be’ quest’anno non aveva potuto, anzi non aveva voluto perché… (Denise).
Sbuffò rumorosamente per scacciare il pensiero. Ai suoi sbuffi, di solito, Lea rispondeva con qualche frecciatina velenosa e questo dava il via ad una bella litigata. Si cominciava con osservazioni da persone civili, magari un po’ astiose, per terminare con urla e piatti sbattuti e manate sul tavolo. Verso la fine, Lorenzo aveva l’impressione di vedere la lancetta del proprio barometro interiore spostarsi verso il rosso. Temeva che, prima o poi, l’avrebbe raggiunto, il rosso, e allora sì che avrebbe perso il controllo.
In quel momento, però, Lorenzo non aveva una gran voglia di litigare; ciò che provava sembrava piuttosto…
Senso di colpa.
«C’è un’uscita, più avanti, prova a imboccarla e a prendere la statale» disse Lea interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
«Credi che sia una buona idea?».
«Alla peggio c’imbatteremo in una casa o in un punto di riferimento, magari ti potrai fermare un momento e tarare quel maledetto aggeggio. O forse, chissà, potremmo anche trovare uno cui chiedere la strada, come ai vecchi tempi».
Lorenzo fu sul punto di obbiettare che difficilmente avrebbero potuto trovare qualcuno in giro, in una sera come quella, ma ubbidì. Senz’altro aveva a che fare col senso di colpa.
Sei il solito ipocrita. Ti sei sollazzato con Denise per un mese senza farti problemi e, adesso, vorresti cancellare tutto assecondando una moglie un po’ bizzosa? Temo che sia un po’ poco, amico mio. Anzi, credo che neppure una mezza dozzina di Natali coi suoceri potrebbe bastare.
«Mi pare che qui sia meno fitta, non credi?».
No, non lo credeva. E soprattutto, che lui lo credesse o no, la nebbia non era meno fitta. Semplicemente, case e alberi, più vicini alla strada, s’intuivano meglio contro lo sfondo grigio e fumoso.
Adesso per esempio avevano superato quella che doveva essere una chiesetta, col campanile basso e tozzo come una matita temperata troppe volte.
«Senti… » disse Lorenzo.
«Sì, lo so, non va alla grande, tra noi, in questi ultimi tempi. Può capitare».
Lorenzo ammutolì. Lea sapeva? Dicono che una donna si accorge subito di certe cose e, fino a poco tempo prima, Lorenzo era convinto che fosse abbastanza semplice verificarlo. Poi aveva scoperto che non era così. Forse Lea sapeva, forse Lea intuiva, ma gli era impossibile capirlo. Quasi avrebbe preferito che Lea gli facesse una scenata. Forse avrebbe persino preferito che Lea, a sua volta, gli mettesse un paio di corna, tanto per pareggiare i conti. Forse lo aveva fatto (dicono che le donne si accorgono di certe cose e forse è vero, ma gli uomini se ne accorgono? Te ne accorgi tu? O forse vuoi non accorgertene?).
La guardò di nuovo, come per cercare ispirazione, ma i pensieri della sua compagna di vita gli erano più impenetrabili della cortina acquosa nella quale stavano viaggiando da ore.
Allungò la mano e accese di nuovo il navigatore, ma l’apparecchio reagì con un luminoso sfarfallio incerto, come una bussola cui avessero rubato la Stella Polare.
Non è come nei tuoi romanzi.
No, non lo era. E poi, a detta di tutti i critici, non era mai stato bravo con le figure femminili. Chissà perché, non se ne stupiva troppo.
«Vuoi provare a riaccendere il navigatore?» chiese.
Lea, con una smorfia di (sfida disse la voce nella sua testa) prese ad affannarsi sul congegno.
Ecco, se questo fosse stato un suo racconto, il navigatore sarebbe stato stregato: un oggetto maledetto che guidava gl’ ignari proprietari verso una morte atroce su strade secondarie e…
Più che vedere udì il camion piombargli incontro, lo udì.
La sagoma emerse dall’ombra come un T. Rex dal vapore di una giungla primordiale, mentre l’autista, in uno stridore di gomme, azionava un clacson simile a un corno da nebbia.
Sterzando, Lorenzo ebbe la fugace percezione di due fari rotondi, una cabina rosso acceso e, subito, un rimorchio blu che svaniva.
Lea urlò sovrastando il rumore dell’auto che slittava sulla ghiaia mentre Lorenzo recuperava il controllo del mezzo fino ad arrestarsi sul ciglio.
Seguirono alcuni istanti di silenzio, con la nebbia che si condensava lungo i vetri e fluttuava in lente, pigre spirali alla luce dei fari, quasi danzando incurante dei loro cuori che battevano impazziti.
«Stai bene?» chiese Lorenzo.
Lea annuì e Lorenzo slacciò la cintura uscendo dall’auto. Stai scappando di nuovo?
Ignorando il rompiscatole che abitava nella sua testa, Lorenzo mosse qualche passo intorno. Non era stata una gran frenata: giusto un paio di metri che avevano lasciato nella ghiaia una striscia ampia e scura come una ferita slabbrata.
Si tastò per accertarsi che tutto fosse a posto e, quando si voltò, si accorse che anche sua moglie era uscita.
Lea lo abbracciò.
È passato molto tempo constatò la solita voce. Oh, erano stati insieme, in quei mesi, ma non così. Non era la stessa cosa. Se quello fosse stato un romanzo rosa (dunque non uno di quelli che scrivi tu, ah ah) avrebbe potuto essere un nuovo inizio, ma, ancora una volta, non era come nei romanzi.
Forse era soltanto un passo verso chissà dove e nulla garantiva che non rimanesse l’unico.
«Era contromano» disse Lea «Capita di finire fuori strada, quando c’è nebbia e, alle volte, non c’è navigatore che tenga, così ti domandi se sia il caso di fermarsi, di cambiare strada, di andare avanti o di tornare indietro. Semplicemente, non lo sai e non c’è nessuno che te lo spieghi».
Lorenzo la tenne così per un po’, poi si staccò. «Fa freddo» disse prima di tornare al posto di guida.
Quando salì in auto il navigatore era di nuovo in funzione.
«Dove credi che siamo?» domandò Lea
«Non lo so» rispose lui. «Magari c’è un cartello, più avanti».
Lorenzo rimise in moto e ripartirono nel silenzio acquoso.
Dopo pochi metri un cartello indicò loro che erano entrati nel comune di Casal Borghetto.
«Non dovremmo essere molto fuori strada, fammi impostare il percorso».
Poco dopo, il navigatore parlò. La voce meccanica suonava imperturbabile come un maggiordomo inglese.
[Alla prossima, girare a sinistra].
«Chissà che cosa avrà preparato mia madre» disse Lea stiracchiandosi. La tensione sembrava esserle scivolata di dosso come la pelle di un serpente.
Questa constatazione – e l’idea delle prodezze culinarie di sua suocera – lo incupì nuovamente.
Solo un passo, amico mio, era solo un passo.
Meglio che niente, forse, ma certo erano ancora ben lontani dal paese della felicità dove avrebbero vissuto tutti per sempre felici e contenti.
In mezzo c’era una lunga strada di (espiazione).
Era una parola strana, venuta da chissà dove, forse da qualche lezione di catechismo dimenticata, e Lorenzo, che con le parole ci campava, stava valutando se appuntarla sul suo bloc notes mentale quando il navigatore parlò ancora.
[Alla prossima, girare a sinistra].
«Non può essere la strada giusta, stiamo tornando indietro» disse.
«Ancora con questa storia delle donne che non sanno orientarsi?».
«Senti, io non lo so se le donne non sanno orientarsi, so solo che probabilmente tu non sai orientarti, visto che stiamo tornando indietro, la vedi quella chiesetta? Ci siamo passati davanti prima».
«Forse sei tu ad avere sbagliato strada, non credi? È per questo che stiamo tornando indietro. È un computer, non sbaglia, l’hai detto tu se non ricordo male».
«E sei stata tu a dirmi di uscire dall’autostrada, se non erro».
«Non l’avrei fatto se tu avessi visto l’uscita giusta».
«Non saremmo qui se qualcuno non trovasse indispensabile passare il Natale da mammina».
[Proseguire diritto].
«Ecco, lo vedi? Ti sei perso e dai la colpa a me e adesso chissà quanto dovremo girare prima di…».
Lorenzo non rispose. Il suo barometro interno stava nuovamente avvicinandosi alla zona rossa e, se avesse proseguito nella conversazione, avrebbe avuto (colpe da espiare)
[Proseguire diritto].
E, tutto sommato, il navigatore non poteva sbagliare strada.
Questo, in qualche modo, gli fu di conforto quando vide il rottame ed i corpi riversi lì accanto.
«Sai» disse «Credo che dovremo davvero girare parecchio».
Grazie. Mi pare che il sito sia indefinitamente in attesa di rilascio nonchè oggetto di “attenzioni” informatiche non proprio limpide, quindi ci sto poco o niente.
Testo molto bello buon pomeriggio.