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Capitolo III
Schizzi di Sangue

6 febbraio
14:00

 Lorenzo, o Lord Parael ormai, indietreggiò terrorizzato.
<< Di che parlate?>>
<< Mi prende in giro forse?>> sbottò l’ometto, rosso in volto come un peperone. << Vuole continuare ad ingannare questa città come ha fatto negli ultimi anni? Ormai è finita! Basta con questa farsa del bravo signorotto! Lei faceva finta di aiutare gli investigatori a rintracciare lo spietato Killer della Pozza di Sangue, ma in realtà li depistava, perché era lei stesso la iena maledetta!>>.
Le mani gli tremavano dal terrore e dallo sconcerto. Ecco perché lo sconosciuto non si era opposto all’idea dello scambio: i fardelli di Lorenzo non sarebbero mai stati più pesanti dell’essere un pazzo omicida! Si era talmente autocommiserato da non valutare la possibilità di scambiarsi con un mostro, e ora la sua nuova vita era finita ancora prima di iniziare.
Un pensiero lo attraversò, lasciandolo senza fiato. Ora Marisa era insieme a quel killer e avrebbe fatto sicuramente una brutta fine! E sarebbe stata tutta colpa sua!
Strinse i pugni con determinazione, respingendo la paura e prendendo la sua decisione: sarebbe tornato indietro a tutti i costi. Ma per farlo gli serviva del tempo.
<< Bando alle ciance>> continuò l’ometto, quasi sul punto di vomitare dal disgusto. << Lord Parael, è in arresto per l’omicidio di tredici persone ed è condannato all’impiccagione finché morte non sopraggiunga. Che Dio possa avere pietà della sua anima>>.
<< Alla fine sei riuscito ad incastrarmi, maledetto!>> urlò Lorenzo con rabbia, indicando uno dei soldati del plotone. Istintivamente tutti si voltarono verso l’uomo additato, ed era esattamente quello che lui voleva. Con un movimento rapido riattraversò lo spiraglio che la porta gli concedeva e la rinchiuse di scatto, facendo scivolare la trave in posizione.

Quello gli avrebbe dato il tempo necessario. Almeno così sperava.

Si voltò con occhi spiritati verso lo schiavo, anch’esso terrorizzato dal risvolto della situazione, e lo afferrò con forza. << Riportami al bagno, ADESSO!>>.
Iniziarono a correre su per la scalinata, con le urla ovattate dei soldati che cercavano una via d’ingresso. Fortunatamente le finestre avevano le inferiate, o li avrebbe già avuti alle calcagna.
In un tempo che nell’adrenalina del momento parve sia un’infinità che un istante, Lorenzo raggiunse il bagno da dove era partito. Non sapeva se lo specchio doveva essere lo stesso per tornare indietro, ma non voleva lasciare niente al caso. Non ne aveva il tempo.
Stava per entrare quando le ossute mani dello schiavo lo afferrarono. << La prego signore, mi liberi o impiccheranno anche me insieme a lei!>>. La prospettiva della morte gli aveva fatto dimenticare il terrore che aveva per il suo padrone, tanto da fare quella richiesta.
<< Come devo fare?>> chiese Lorenzo con un misto di pietà e fretta.
<< Dice sul serio? Deve togliere la vite che tiene chiuso il mio collare con il suo anello!>>.
Senza tante cerimonie l’uomo estrasse la vite e il collare di ferro si abbatté sul pavimento con clangore, come a voler sottolineare la fine delle sofferenze. Per tutta risposta un pugno si abbatté sulla sua faccia, facendolo cadere di schiena nel bagno.
Lo schiavo gli strappò l’anello dalle dita, guardandolo dall’alto in basso con un feroce odio, per poi voltarsi e iniziare a correre.
<< Aspetta! Se ci sono altri schiavi liberali!>>
<< Lo avrei fatto anche senza il suo permesso, mostro bastardo!>> urlò il ragazzo, sparendo dalla sua vista.

Senza badare al dolore, Lorenzo sprangò la porta del bagno e si avvicinò allo specchio. Con ansia crescente iniziò a scavare nelle tasche finché non ritrovò la maledetta moneta che gli aveva causato tutto questo, e senza remore la gettò verso lo specchio.
Stavolta la superficie riflettente iniziò ad incresparsi, come una pozzanghera sotto la pioggia, e un tenue vapore si liberò nell’aria, scaldando la stanza.
Delle urla concitate proveniente dal corridoio fecero sobbalzare Lorenzo, che strinse i pugni maledicendo la lentezza di quello stupido incantesimo, o qualsiasi cosa fosse.
Alla fine lo specchio tornò normale, mettendo lentamente a fuoco il suo salotto. Perché lo specchio era stato messo lì e non in bagno? Appena la vista si fece più chiara, capì il perché.
Il salotto era sporco di sangue in ogni dove, come se avessero aperto un mattatoio poco prima, e sul pavimento vi era un corpo inerte, talmente tumefatto e distrutto da risultare irriconoscibile.
Davanti a quello scempio vi era il corpo di Lorenzo, l’ex Lord Parael, che fissava intensamente la sua vittima, i pugni stretti che colavano sangue non loro, la faccia e i vestiti imbrattati dagli schizzi, e allora capì. Capì perché era stato chiamato il Killer della Pozza di Sangue. Il bastardo uccideva i suoi obiettivi a suon di pugni fino a ridurgli il volto a poltiglia.

Tutti quei pensieri si infransero appena notò un particolare quasi insignificante: la mano del morto era protesa verso lo specchio, quasi a volergli chiedere aiuto, e sul mignolo svettavano due piccoli anelli d’oro intrecciati insieme. Il suo regalo di anniversario.
La vittima era Marisa.
Lorenzo si aggrappò alla cornice del vecchio specchio, stringendolo talmente forte da rischiare di romperlo. Non era possibile. Non poteva essere vero.
Sua moglie era morta, ed era colpa sua. Era fuggito in un altro mondo come un codardo e l’aveva lasciata sola con quel mostro.
Tutto iniziò a vorticare, gli occhi che gli si offuscavano per le lacrime, e dovette ricorrere all’ultimo briciolo di autocontrollo per non cadere a terra. Era talmente distrutto da non prestare attenzione neanche ai soldati che cercavano di aprire la porta a pochi passi da lui.
<< Sapevo saresti tornato>> disse la sua voce, ma con un tono sinistro.
Lorenzo alzò gli occhi e vide il suo volto a pochi centimetri da lui, dall’altra parte dello specchio, deformato in un ghigno malefico. Quello non era più lui, era una bestia.
Spinto dalla rabbia iniziò a tempestare lo specchio di pugni, urlando come un forsennato, ma ad ogni colpo la superficie si increspava appena, respingendolo.
<< Bastardo, adesso vengo lì e ti ammazzo!>>
<< Non puoi. Io non voglio tornare, quindi non passerai>>
La mano del suo interlocutore trapasso lo specchio, o per meglio dire lo plasmò, visto che il suo braccio rimaneva come coperto dalla superficie traslucida, e gli afferrò la gola con una forza che non pensava il suo corpo potesse possedere.
<< Tutto questo>> disse, indicando alle sue spalle. << È colpa tua. Non hai chiesto niente e ti sei scambiato con un perfetto sconosciuto, e ora, grazie a te, ho un nuovo mondo di pecorelle su cui sfogarmi>>.
Detto questo lo lasciò andare come un sacco d’immondizia, guardandolo con disgusto.
<< Ora scusami ma devo andare. Non sopporto di vedere la mia faccia con un’espressione tanto ripugnante. Inoltre, hai degli ospiti>>.

Prima che Lorenzo realizzasse cosa aveva detto, le lance dei soldati gli si conficcarono nella schiena, trapassandolo. Sebbene il dolore fosse lancinante lui non si mosse, ma abbassò solo gli occhi, vedendo le punte d’acciaio coperte del suo sangue che facevano capolino dal petto.
Un gorgoglio sordo gli uscì dalla gola, e l’ultima cosa che vide prima di soccombere all’oscurità fu se stesso, o meglio il suo vecchio se, che lo salutava con un sorriso malefico mentre lo specchio tornava alla normalità, come se nulla fosse successo.

 

Lorenzo si svegliò di soprassalto, madido di sudore.
Era morto?
Si guardò intorno, riconoscendo il suo salotto dozzinale. Era sdraiato sul divano, dove di solito si concedeva un pisolino pomeridiano, e non c’era traccia di sangue o cadaveri.
Si alzò di scatto, ispezionando ogni centimetro del suo corpo per essere sicuro che fosse davvero il suo, e iniziò ad urlare di gioia. Era stato tutto un brutto sogno!
Travolto dal sollievo, si accasciò sul divano privo di forze, ma qualcosa gli pizzicò il didietro, come una piccola scossa, facendolo sobbalzare.
Con lentezza si spostò e quello che vide gli fece gelare il sangue. La moneta era lì, splendida e terrificante come tutte le volte che l’aveva vista.
L’uomo balzò in piedi, fuori di se dalla paura. Allora non era stato un sogno, era accaduto tutto davvero. Ma com’era possibile?

<< La tua vita non era così male in fondo, no?>>.
Azaria era lì, appoggiato alla parete come se fosse la cosa più normale del mondo.
<< Chi sei tu? Dimmelo una volta buona>> urlò Lorenzo, improvvisamente accecato dalla rabbia. << Ti sei divertito a farmi soffrire? Cosa sei? Uno stregone sadico? Tutto quello che mi è successo è colpa tu..>>. Prima che potesse finire la frase, Azaria lo afferrò per il collo con una mano sola, sollevandolo come un fuscello.
<< CHE COSA HAI DETTO?>> sibilò con voce vibrante.
Il suo viso era una maschera di rabbia, i capelli che si muovevano impetuosi come spinti da un vento invisibile, e gli occhi magnetici erano ridotti a due fessure contratte dall’ira.
Era la cosa più terrificante che avesse mai visto.
<< Colpa mia? Tutto questo è causa tua. Tu non hai il fegato di rimettere a posto la tua vita! Tu hai preferito una scorciatoia invece che lottare! SOLO TU!
Fammi indovinare, ti sei detto che era anche per il bene di tua moglie, vero? CAZZATE, lo hai fatto solo per te stesso, perché avevi paura. Paura di cambiare le cose, di affrontare il tuo capo, di accogliere un figlio bisognoso in casa tua, perché sapevi bene di essere solo un piccolo mollusco, indegno anche solo di respirare>>.
Il campo visivo di Lorenzo si ridusse ad uno spillo, i suoi polmoni che pregavano per dell’ossigeno.
<< Ricominciamo>> disse Azaria, facendolo cadere nell’oscurità.

 

Riaprì gli occhi.
La viuzza procedeva dritta, incuneandosi tra le vecchie case del centro storico come una vena avvizzita in un corpo ormai stanco.
Stanco come Lorenzo, che vagava senza meta ormai da un’ora buona, perso nei suoi pensieri.

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ArtieChaste

Ciao, Sono Arti. Ho l'hobby della scrittura e del disegno fin da bambino, e ho deciso di mettermi alla prova. Puoi trovare i miei disegni su Instagram (artie_chaste)

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