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“Allora vado!” Aldo non si voltò verso l’ex moglie, tanto sapeva già che il suo sguardo avrebbe incontrato soltanto la nuca di lei e anche se, casualmente, si fosse incrociato con quello della donna, in cuor suo dubitava di essere in grado di reggere quell’occhiata carica di sprezzante rammarico. Temeva di non averne la forza.

Raccolse l’ultima valigia con un incredibile peso nel cuore, si avvicinò al baule aperto della station wagon e la spinse nel bagagliaio di prepotenza; non c’era più posto nella macchina, così come non ce ne era più nella sua vita per Claudia.

Chiuse il portellone con un tonfo sordo e salì sulla vettura.

Senza voltarsi per guardare se lei fosse sulla soglia della loro casa, si mise alla guida.

Accese il motore che tossicchiò un paio di volte prima di andare in moto, ingranò la prima, uscì dal viale e si mise in strada. La distanza da percorrere era tanta; un’altra casa in un’altra città.

Uno strano torpore lo sorprese alla guida, i ricordi cominciarono a riaffiorare prima non invitati, poi tollerati infine cari compagni di viaggio.

Mentre ripercorreva, con la mente gli avvenimenti che lo avevano condotto a quella giornata, si rese improvvisamente conto che quell’epilogo era ineluttabile.

Il sopore che aveva permeato la loro vita matrimoniale era divenuto troppo evidente, troppo marcato, per non essere notato.

Così cominciò a osservare bizzarri comportamenti in lei, strane frasi rimaste a metà e atteggiamenti eccessivamente confidenziali nei confronti di alcuni loro amici comuni.

 Niente di preoccupante, almeno all’inizio, solo qualche battutina maliziosa, un’ammiccante occhiata, un sorriso appena accennato; poi però il radicale appannamento della passione nei suoi confronti divenne insostenibile.

Aldo non era geloso – non più di tanto – ma queste cose cominciarono a dargli fastidio: un tarlo prese a scavare nel suo cervello sempre così razionale, un sospetto che si fece largo, prima leggero come una farfalla poi pesante come un elefante.

Quindi un giorno di maggio la certezza palpabile, la sua adorata Claudia lo tradiva.

La cosa che lo colpì di più fu che non era disturbato per l’atto materiale in sé, per quanto fosse stato estremamente traumatico, quanto per l’essersi reso conto di aver perso il suo affetto, di non essere più lui il centro dei suoi pensieri, il faro della sua quotidianità, il suo vero unico amore.

Qualcun altro glielo aveva strappato e lui si era rassegnato all’idea, non senza fatica e dolore.

Dolce e amara al contempo questa sensazione permeava le sue papille gustative, letteralmente ne percepiva l’acre sapore in bocca.

Il gusto asprigno del fallimento degli anni di vita comune, di obiettivi raggiunti e di quelli mancati, l’invecchiare insieme, il dividere persino gli ultimi momenti dell’esistenza, tutto distrutto, tutto ormai impossibile.

Lui non aveva nulla di cui farsi perdonare in particolar modo; l’aveva sempre trattata con rispetto. Era vero, litigi ce ne erano stati, alcuni anche pesanti ma poi tutto si era riaccomodato tra le sue braccia nella loro dolce alcova.

Ecco, ora che ci pensava, erano già da parecchi mesi che non discutevano più, subito gli era parsa una bella cosa, gli sembrava il conseguimento di un’intesa perfetta, il raggiungimento dell’affinità elettiva con la sua adorata sposa ma poi il tempo ne rivelò la triste verità, non c’era più nulla per cui lottare, tutto era evaporato tra le sue mani.

Di altre donne lui non ne aveva mai avute. Non che fosse uno stinco di santo, per carità; semplicemente aveva valutato che non ne sarebbe valsa la pena.

Non era nella sua indole tradire e rischiare di perdere quanto costruito insieme, evidentemente per Claudia non era così.

Alla fine togliersi di torno fu la scelta giusta, nessun rimorso per nessuna mancanza, solo l’incontrovertibile realtà degli eventi.

Dolore gliene aveva dato anche il fatto che la sua ex moglie aveva avuto pure l’ardire di lagnarsi della sua mancanza di voglia di lottare, come se tutto ciò che lei aveva fatto fosse stata colpa sua.

Sapeva bene che questa era la più classica delle scuse femminili davanti a una colpa schiacciante, come sapeva altrettanto bene che lui Claudia non aveva più voglia di sentirla, vederla, pensarla.

Un periodo era concluso ma ora qualcosa di nuovo lo stava attendendo, oscuro quanto misterioso, ma comunque una sferzata di vita ai suoi lombi stanchi, sapeva che ciò che sarebbe successo da quel momento in poi sarebbe stato sotto il suo controllo, non avrebbe più permesso a nessuno di trattarlo così.

Il suo girovagare ebbe fine nell’adespoto posteggio di un altrettanto anonimo caseggiato; non aveva intenzione di impegnarsi nell’acquisto di un appartamento e per questo motivo aveva preferito scegliere un umile affitto, aveva perso tutte le sue certezze, strappate dalla sua anima esacerbata dalle rapaci mani dell’unica donna che avesse realmente amato.

Erano già le otto di sera, sfinito per il lungo viaggio, scaricò la macchina e poggiò le valigie nell’entrata del modesto alloggio, senza aprirle.

Da una sacca estrasse un asciugamano e una saponetta, si diresse nel bagno, si diede una veloce lavata e si sdraiò sopra le coperte del letto, la serata era calda e Aldo era molto stanco.

Si addormentò poco dopo.

Si destò che il sole era già alto, un sonno ristoratore come non ne aveva fatto più da tanto tempo gli ridiede le energie che aveva perso.

La mattinata era abbagliante e un cielo senza nubi di un celeste quasi opprimente rivestiva la sua nuova cittadina.

Pochi palazzi all’orizzonte, intorno nugoli di casette di mattoncini faccia a vista che lo circondavano, dando l’idea classica della perfetta periferia di una grande città, e questo a lui piaceva molto.

Con un ultimo anelito di ragione aveva scelto di abbandonare la vita precedente nel periodo delle vacanze estive, la grande ditta commerciale nella quale lavorava aveva una succursale importante proprio in quella città e il cambiamento non gli pose particolari condizioni svantaggiose d’impiego, anzi.

Adesso la vacanza dall’ambito lavorativo gli avrebbe concesso il tempo di abituarsi alla sua nuova condizione e alla misteriosa vita che lo attendeva da lì in poi.

Cominciò a pulire la nuova abitazione iniziando dalla sala da pranzo.

Spazzò per terra e tirò lo straccio sapientemente, il buon odore di pulito che ne scaturì riuscì a metterlo di buonumore e gli rese meno pesante quel lavoro che per lui era del tutto nuovo.

Spolverò i pochi mobili presenti: un tavolo rotondo vecchio di qualche anno ma ancora in ottimo stato, le quattro sedie abbinate, la credenza a corpo singolo e un ampio divano in similpelle nera.

Dopo fu la volta della stanza da letto, riassettò il giaciglio appena spiegazzato e compì le stesse operazioni fatte in precedenza, così come fece anche per il bagno.

Il posto era poco ma sufficiente, non gradiva troppo spazio intorno a sé, come se si volesse rinchiudere in un minuscolo ma comodo carapace, facile da accudire e da difendere dal mondo esterno, un posto tranquillo dove riordinare la propria esistenza.

Disfece la valigia e scaricò gli ampi borsoni pieni di cose che, solo ora se ne rendeva conto, erano per la maggior parte inutili.

Troppe giacche, troppe camicie o calzoni, eccessivi gingilli vari.

Si rese conto di una cosa, aveva accumulato tutti quegli oggetti negli anni, come se dovessero servire per un’ipotetica fine del mondo ma quando fu la volta che il suo universo ricevette davvero quel fragoroso sobbalzo, ebbene era solo inutile ciarpame.

Il cambiamento era dentro di lui e non all’esterno, dove tutto continuava il suo placido andirivieni fregandosene altamente delle sue vicissitudini.

Questa convinzione lo rese, se possibile, ancora più solo.

Eppure una reazione era necessaria.

Trovò nel fondo di una valigia una tuta da ginnastica, acquistata anni orsono al seguito di un’ennesima moda dettata da qualche vittoria internazionale di un ormai dimenticato sportivo.

La estrasse dalla busta di plastica che le faceva da epidermide fin dalla sua uscita di fabbrica, la guardò, ancora perfettamente piegata e stirata, la sciolse e la indossò.

Cercò quindi il paio di comode scarpe da jogging abbinate, anche queste intonse e, lasciando la sua magione ancora in una specie di caos primordiale, uscì.

Per la prima volta dopo tanto tempo l’aria sapeva davvero di aria, ne prese un corposo respiro e cominciò a correre, dapprima lentamente, poi più velocemente. Ansimando sentiva i suoi polmoni espandersi, il corpo liberarsi dai legacci di anni di pigrizia, il fisico reagire a quello stimolo con una risposta sorprendentemente veloce, quasi esso stesso ne sentisse un impellente bisogno.

Il sole scaldava la sua pelle ma il sudore la raffreddava quasi immediatamente, correva e si sentiva libero e felice, finalmente.

La resistenza cedette di schianto e si trovò, ansimante nelle vicinanze di una provvidenziale fontanella in ghisa sagomata.

Premette il bottone, un gorgoglio precedette la discesa di un rivolo del magico liquido, due sorsate abbondanti lenirono la sua sete, alzò il ristorato viso e vide che c’erano altre persone intente a correre, si fermò un attimo a guardarle percorrere su e giù il viale alberato e finalmente si rese conto di una cosa, alla fine aveva capito qual era il dolce sapore della libertà.

Il respiro tornò regolare, ma per non incorrere nel rischio di un accumulo di acido lattico nelle gambe, riprese la strada a passo veloce; il cielo pareva spronarlo ad abbandonare i dolori, i dispiaceri parevano scivolare via ogni volta che un capannello di donne in tenuta ginnica, ridacchiando lo sorpassavano.

Sembravano quasi deriderlo per la sua lentezza ma almeno si accorgevano di lui, alcune più di altre, e a lui non sembrava vero.

In uno sprazzo di machismo decise di oltrepassare correndo uno di questi drappelli composto di tre amiche che camminavano chiacchierando beatamente.

Fece un’ottima figura, che però pagò salato il giorno dopo, quando un caldo intirizzimento di carne greve sembrò imbalsamargli gli arti inferiori, ma era felice ugualmente.

 

 

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Alcano
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Cinquantasette anni e un sacco di e-book all'attivo, scrivo solo per passione e per appassionare, per dimostrare che si è sempre giovani per scrivere.

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10 Comments

    1. Alcano
      Alcano

      Eh beh…ti racconto un segreto. L’input di questo racconto è stata una seria litigata con mia moglie (aveva ragione lei, come hanno sempre tutte le donne) e allora ho pensato a una fuga di fantasia, come l’avrei vissuta e che sensazioni avrei potuto provare…e l’ho scritto! Beninteso Stefania non mi ha mai tradito, ci metto la mano sul fuoco…Gianni, l’ottimismo è il sale della vita!

          1. FilippoArmaioli
            FilippoArmaioli

            Tranquillo: è a me che andò male con una Stefania, alle medie.
            Mentre io ingrassavo con pastasciutta al sugo & biscotti “Gocciole”, venne un bocciato con cui la mia preferita si mise insieme, e mi toccò subire di vederli limonare a ogni angolo.
            Perdendo tempo dietro a lei, mi persi due altre fie, un’Alessandra e una Carlotta. Tempi ormai lontani, quando a 13/14 anni le bimbe erano già signorine da capogiro.
            (Oggi un po’ sono per fortuna bimbe come devono essere, altre invece un po’ più sviluppate. In America succede forse di più questa crescita…sarà per il cibo nutriente e le colazioni sostanziose? W uova & bacon e pancake allo sciroppo d’acero allora…)